laR+ Commento

No agli editti bulgari, anche in salsa ticinese

Nomina pp, la commissione parlamentare segnala il collega del Quotidiano alla Corsi. Passo maldestro. La libertà di opinione ci distingue dai regimi totalitari

Giornalisti, tra cronaca e commento (foto Ti-Press)
28 dicembre 2020
|

La maggioranza della commissione ‘Giustizia e diritti’ avrebbe fatto bene a dar seguito al recente auspicio del presidente del Gran Consiglio, invece di segnalare ai piani alti della Rsi il collega del ‘Quotidiano’ Francesco Lepori, reo di aver formulato il 14 dicembre in trasmissione – ma in sede di commento – pareri, evidentemente non graditi dal citato organo parlamentare, riguardanti le nomine dei procuratori pubblici fatte qualche ora prima dal legislatore cantonale. Martedì scorso, intervenendo con un discorso tutt’altro che di circostanza alla cerimonia di dichiarazione di fedeltà dei magistrati eletti alla Costituzione e alle leggi, il primo cittadino del Cantone in carica, Daniele Caverzasio, dopo aver accennato agli “eventi” che hanno contraddistinto in negativo il rinnovo dei mandati in Procura, alludendo anche alla lacunosa procedura adottata dal Consiglio della magistratura, ha invitato “tutti gli attori coinvolti” a voltar pagina e a ritrovare “l’indispensabile serenità istituzionale” per affrontare l’agognata riforma del Ministero pubblico. Cominciamo male, purtroppo. Il giorno di Natale arriva nelle redazioni un comunicato in cui la ‘Giustizia e diritti’ annuncia di aver appunto segnalato il cronista del ‘Quotidiano’ al Consiglio regionale della Corsi e al Consiglio del pubblico. Per i toni usati, è una sorta di editto bulgaro di berlusconiana memoria. Inaccettabile per chi ha a cuore la libertà di opinione.

I giornalisti, sia chiaro, non godono dell’impunità se nell’esercizio della loro professione violano il Codice penale. E non sono al di sopra delle critiche né quando riferiscono di un fatto, né quando commentano. Pensiamo però che una commissione parlamentare debba percorrere altre strade per manifestare il proprio dissenso. In una nota stampa la ‘Giustizia e diritti’ avrebbe potuto infatti spiegare e ribadire i motivi per cui non condivide le valutazioni del cronista, anziché rivolgersi alla Corsi (o al mediatore della Rsi) con parole che suonano come una censura preventiva, come un monito per il futuro. Sono parole e iniziative di un organo politico, non di un radiotelespettatore insoddisfatto. Un organo politico, emanazione di un potere dello Stato, quello legislativo, che sembra aver dimenticato che la libertà di opinione (anche nel servizio pubblico), per quanto dura possa essere l’opinione, è ancorata alla Costituzione cantonale, a quella federale e alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E rientra nel novero delle libertà che distinguono una democrazia da una dittatura.

Chi scrive continua a giudicare assai positivamente il lavoro svolto dalla ‘Giustizia e diritti’ – la quale ha saputo raddrizzare la procedura applicata, in questo tormentato rinnovo delle cariche in seno al Ministero pubblico, dal Consiglio della magistratura – e a ritenere che il Cdm debba dimettersi alla luce della duplice sconfessione del suo operato, prima da parte della commissione e poi da parte del plenum del parlamento. Ma chi scrive ritiene altresì che neppure la commissione granconsiliare possa considerarsi al di sopra delle critiche. Avrebbe dovuto quindi evitare passi, maldestri, che oltretutto rischiano di inasprire le tensioni al proprio interno: i liberali radicali, che hanno difeso i preavvisi negativi pronunciati dal Consiglio della magistratura nei confronti di cinque pp, che il Gran Consiglio ha però rieletto, si sono pubblicamente dissociati dall’inopportuna decisione di segnalare il giornalista.
Nella seduta del 14 dicembre il parlamento cantonale ha preso, nero su bianco, due impegni di politica giudiziaria verso il Paese: la riorganizzazione del Ministero pubblico e il varo di norme per disciplinare la procedura di nomina dei magistrati che postulano un ulteriore mandato. Operazioni che per risultare efficaci e che per essere portare a termine in tempi ragionevoli richiedono collaborazione e condivisione. La stampa riferirà e commenterà, anche in maniera critica, su questo come su altri dossier al centro del dibattito politico.

“La libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica”, ha ricordato la Corte europea dei diritti dell’uomo in una sentenza del 24 novembre di quest’anno, sottolineando che ciò vale anche per le opinioni che possono “urtare, scioccare o inquietare lo Stato o una parte della popolazione”. Si legge nel comunicato diffuso l’altroieri dal Plr: “I partiti e i politici si trovano spesso confrontati con i giudizi dei media e il confronto è senz’altro essenziale per l’intero sistema democratico”. Siamo perfettamente d’accordo. Vedremo nei fatti.