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Quale pensiero alternativo a quello calcolante?

Finora non è stato trovato. E quindi non meravigliamoci delle indecisioni o dei farfugliamenti della politica.

Conti economici che confluiscono tutti nel fatidico Pil (Ti-Press)
22 dicembre 2020
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Sembra che anche gli esperti previsionisti si siano rifugiati nelle “astutissime astutie di Bertoldolo”. Non tanto al: dopo il brutto viene il bello (troppo scontato), quanto piuttosto al: ogni tempo viene, a chi può aspettarlo (un po’ più astuto). Nella migliore delle aspettative previsionali ci si butta quindi sul secondo semestre dell’anno prossimo. Ma per chi può aspettarlo e così rimane ancora molta incertezza. E si sa, soprattutto in economia, che le incertezze si nutrono l’una con l’altra, crescendo.

L’incertezza meno incerta o che pone minori interrogativi ce la dà, a quanto risulta in questo momento, la biotecnica. Hanno cercato di spiegarci come funziona e abbiamo scoperto, più che altro, che il nostro corpo, nonostante quel che lo può sconvolgere, è una meravigliosa complicata e in parte ancora inesplorata invenzione (o macchina, direbbero altri). E se non parti da lì, dalla sua conoscenza, che non implica ovviamente solo il corpo o gli organi o le cellule che tocchi e vedi, tutto il resto perde senso.

Il fatto che sembra in singolare contrasto sia con lo stato di incertezza che permane e diventa ossessivo e insostenibile, ed è in particolar modo economico, sia con la biotecnica che offre l’unica speranza di ritorno al bello, ed è in particolar modo un desiderio di ritorno alla normalità economica, è che tutto il “pandemonio” vissuto è arrivato dentro una società, come diceva già anni fa un discusso ma importante filosofo (Heidegger), “del pensiero calcolante.”

Per la quale, insomma, tutto si riduce a un pensiero capace solo di far di conto. Conti economici che confluiscono tutti nel fatidico Pil (prodotto interno lordo), il manitù di ogni politica, o conti tecnici (quanto investirvi ma per crescere ancora). Da quanti anni continuiamo a credere, pressoché religiosamente e dogmaticamente, nel pensiero calcolante, quasi escludendo ogni altro pensiero che non si risolva nell’utilità o venga considerato inutile, non produttivo, e perciò stesso economicamente superfluo? Certe aberrazioni emerse negli ultimi tempi ne sono una prova estrema. Possono andare dal più scellerato criterio di produttività a seconda dell’età per giudicare chi ha diritto o priorità a vivere (e meno utili saranno quindi i vecchi al tramonto della vita) sino al più perfido, come la cultura demolita o, con classica terminologia manageriale, “ristrutturata”, perché ritenuta economicamente improduttiva e quindi insostenibile (e poco utile sarà allora la Rete Due).

Forse proprio con l’esperienza vissuta che dimostra come la società del pensiero calcolante si è dimostrata impreparata e inadeguata al calcolo umano e vitale e in un periodo natalizio in cui tutti, credenti e non credenti, attenti o disattenti, sono investiti più che in altri periodi dal senso d’umanità, potremmo chiederci se non ci sia o non ci possa essere un pensiero alternativo al pensiero calcolante. Finora non l’abbiamo. E non meravigliamoci allora delle indecisioni o dei farfugliamenti della politica. La quale, per decidere, deve anch’essa sempre guardare prima ai calcoli dell’economia.