Il direttore della Rsi Maurizio Canetta ha rassicurato: la cultura avrà ancora la sua importanza. Ma in dubbio, con la riorganizzazione della radio, è la specificità
Non c’è nessun progetto di smantellamento dell’offerta culturale della Rsi: come non accogliere positivamente le parole del direttore Maurizio Canetta? Parole, oltretutto, pronunciate ieri in diretta su Rete Due, in difesa della quale in molti si sono mossi, nei giorni scorsi, contro il progetto di forte riduzione del parlato. Appelli e interventi, ha spiegato appunto Canetta, che sarebbero sostanzialmente il frutto di un equivoco dovuto – riassumiamo – a uno sguardo troppo ravvicinato alle trasformazioni su cui la Rsi sta ragionando da qualche mese.
Accogliamo quindi l’invito del direttore Canetta e ampliamo lo sguardo: non è tanto Rete Due, ma tutto l’audio della Rsi che va ripensato. Per i motivi che conosciamo: una parte sempre più consistente del pubblico ascolta sempre meno la radio lineare, preferendo i servizi di streaming musicale, i podcast, gli audiolibri. C’è anche un discorso di risorse, con i ricavi pubblicitari in calo non solo per la pandemia, ma è un aspetto che Canetta ha minimizzato e quindi per il momento lasciamolo da parte. Come ripensare quindi l’offerta audio della Rsi, in modo da poter raggiungere tutti i segmenti di pubblico come un servizio pubblico deve fare? Una Rete Due, come detto, prevalentemente musicale: il rapporto 90-10 tra musica e parlato non è stato smentito, per quanto si sia lasciata intendere la possibilità di un margine di discussione; poi una Rete Tre incentrata sull’intrattenimento, una Rete Uno che avrà come parole chiave “cultura, informazione e sport” e una ricca offerta sulle piattaforme digitali, anche qui con particolare attenzione alla cultura. La cultura, sempre parole di Canetta, non è quindi in discussione e anzi, con il passaggio a Rete Uno le si darebbe addirittura un peso maggiore.
Di nuovo, come non accogliere positivamente le parole di Canetta, dal momento che finalmente presentano, seppur a grandi linee, un importante ripensamento dell’offerta radiofonica su cui crediamo sia bene che vi sia un dibattito pubblico? Certo mancano alcuni dettagli; ad esempio quale sarà il rapporto tra musica e parlato sulla rinnovata Rete Uno, per capire grosso modo quanto spazio ci sarà per trattare “cultura, informazione e sport”. Ma le perplessità maggiori non riguardano minuti e secondi da dedicare a un certo tema. Nella rassicurazione di Canetta (quel che si toglierà a Rete Due sarà su Rete Uno o online) traspare l’idea che contenuto e contenitore siano completamente indipendenti, che l’intervista a uno scrittore, l’incontro con un ricercatore o la recensione di una mostra d’arte possano essere proposti indifferentemente su una radio generalista, su una culturale oppure online (e anche qui occorrerebbe distinguere tra le varie piattaforme). Le differenze, nella modalità di fruizione, nel pubblico che si va a incontrare, sono tante e importanti.
A preoccupare per il futuro della cultura in Rsi non è tanto lo spazio che troverà, ma le caratteristiche di questo spazio. Il timore è che un ridimensionamento di Rete Due come canale culturale metta a rischio la specificità, la sensibilità e le competenze necessarie per costruire un’offerta culturale solida. Offerta che potrà e dovrà ovviamente manifestarsi nel lineare tanto quanto nel digitale: su questo – soprattutto se le riflessioni in corso non sono dettate da mere esigenze di risparmio – bisognerà investire.