Quella sera ci disse che desiderava dare anche un contributo a chi si stava affacciando alla vita sportiva
In questi ultimi mesi Il Nene mi chiamava spesso per dirmi che ‘laRegione’ era o non era arrivata in casa anziani. Probabilmente una scusa per fare quattro chiacchiere (cascià quatar ball) dopo mesi e mesi di ‘reclusione’ dovuti al Covid. E prima di terminare la telefonata gli dicevo di non farsi problemi, di pur chiamarmi ancora, che non disturbava di certo.
Ci eravamo conosciuti anni e anni fa. Mi aveva chiesto di presentare il suo libro-diario, scritto anche con l’aiuto della vivace penna del giornalista Mauro Antonini. Il mitico ristorante Penalty di Daro si era allora riempito di amici. Un'atmosfera davvero speciale.
Nel suo libro di memorie egli rinfrescava e affrescava i ricordi privati e personali, ripercorrendo le tappe della sua vita. Un percorso biografico di un fortunato calciatore di casa nostra (grande non solo nello sport, ma anche nella solidarietà), capace di far riaffiorare dal passato anche momenti a tratti forti ed a tratti goliardici della storia locale.
Momenti oggi sbiaditi come vecchie fotografie, ma importanti per capire l’oggi e dare il giusto valore alle cose.
Un esempio per tutti: chi si ricorda che il Ticino, prima di diventare piazza finanziaria con gli allori di ieri e le magagne di oggi, è stato un cantone agricolo? Un cantone povero e di frontiera, che vedeva i suoi figli cercar fortuna anche fuori dai suoi confini? Un cantone confrontato anche con momenti di grande tensione, mi riferisco alla paura di un'invasione da sud durante la seconda guerra mondiale?
Le pagine di quel libro ci permettono poi di ricordare anche il periodo felice dello sviluppo economico del secondo dopoguerra, periodo che ha cambiato il nostro territorio, anche stravolgendolo e in parte sfregiandolo. E Nene, di professione fiduciario, è proprio stato figlio e testimone diretto di quell’enorme cambiamento socio-economico.
Ma ciò che lui ci ha raccontato in quelle sue pagine e in quella (bella) serata, è stata soprattutto una lezione di vita, regalata a noi con la modestia di un personaggio che ha trascorso una parte della propria vita a calcare i campi di calcio del Daro, del Bellinzona, del Lugano per poi fare il salto nel Grasshopers e nel Lucerna giocando da dilettante al 100%, indossando pure la maglia della nazionale, senza per questo montarsi la testa. Anzi, ben cosciente di questo pericolo, lui stesso ci disse che desiderava dare anche un contributo a chi si stava affacciando alla vita sportiva, affinché i piedi rimangano ben piantati per terra e la testa ben assestata sulle spalle. Ciao 'Nene of Daro'.
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