Dall’inquinamento della Petrolchimica, alla Monteforno, ai danni dell’amianto: c’è la volontà di far finalmente prevalere verità e giustizia?
Il passato che non passa. Anzi che impietosamente ritorna a galla, imbarazza, interroga e richiama alla ricerca di responsabilità chi ha amministrato una ditta che ha inquinato per diversi anni certi terreni. O, su tutt’altri fronti, chi ha esposto decenni fa, per anni, alcuni dipendenti a gravi rischi per la salute. Diversi casi recenti rilanciano interrogativi su responsabilità non assunte a suo tempo, o assunte solo parzialmente, o solo tardivamente, quando ormai i buoi erano fuori dalla stalla. Scelte compiute una, anzi due generazioni addietro e dettate da che cosa? Dalla negligenza? Dall’ignoranza, perché non si sapeva ancora che un determinato comportamento o prodotto era pericoloso? O scelte compiute consapevolmente per guadagnarci, perché (per esempio) riversare talune sostanze nell’ambiente era sempre più conveniente che portarle a chi aveva il compito di smaltirle a pagamento, sperando che il terreno fosse in grado di inghiottire tutto e cancellare ogni traccia?
I casi che emergono, o riemergono, cominciano davvero a essere tanti. La Petrolchimica tanto per iniziare. Brutto esempio (non l’unico, ricordate la Monteforno?) di inquinamento da parte di una ditta che qualcuno sospettava sin dall’inizio avrebbe avuto un’incidenza pesante sull’ambiente circostante. Ma da subito gli interessi economici hanno prevalso su tutto e tutti e a nulla sono valse le segnalazioni dell’autorità comunale di Gnosca (dell’allora sindaco Gianoni) al Cantone, e a nulla è servita la lotta per scongiurare l’insediamento di quella attività. Oggi ci sono così restati i cocci: terreni da risanare di una ditta inquinatrice ormai fallita, che faceva però riferimento a una nota società petrolifera tutt’ora esistente, che vanta fra i valori messi in vetrina quello del rispetto dell’ambiente (!).
Domanda: considerati i danni, c’è oggi la volontà di far finalmente prevalere verità e giustizia? Una domanda che va diritta agli amministratori locali e cantonali di oggi. Solo la loro volontà d’agire anche in giustizia potrà evitare l’idea – nefasta per le istituzioni – che quegli interessi di pochi, a suo tempo impostisi su quelli della collettività, restino impuniti.
Un ragionamento analogo lo possiamo fare per le Officine, ma anche per le altre aziende (ieri abbiamo riferito di morti anche alle Ofible). Di certo in quelle officine si è passati anni fa da situazioni di ignoranza per i danni dovuti all’esposizione all’amianto o altri materiali, a prese di coscienza e adozione di misure a favore dei lavoratori. Ma anche qui bisogna capire meglio quando si è saputo della nocività dell’amianto e quando le ditte hanno davvero preso le dovute precauzioni negli anni. E siccome i casi, anche letali, si manifestano solo adesso è necessario che la Suva non lasci nulla di intentato, per evitare che errori commessi ieri (speriamo in buona fede) si sommino a nuovi errori, proprio mentre affiorano altri casi di lavoratori malati. Anche qui è importante (e giusto) che il cittadino lavoratore senta le istituzioni vicine nella ricerca della verità e di possibili soluzioni.