Gli oneri di cassa malati appensantiscono il bilancio familiare oltre misura. L'ulteriore stangata tutta ticinese chiede correttivi
Il soggetto e la trama sono gli stessi, ma quelli visti ieri – se si può usare una metafora cinematografica – sono due film completamente diversi: uno ‘leggero’ per il pubblico d’oltre San Gottardo e un altro ‘horror’ per i ticinesi. Come ogni anno il rito della comunicazione degli aumenti dei premi di cassa malati diventa un palcoscenico per rivendicazioni che lasciano, purtroppo, il tempo che trovano. Se in media nazionale l’incremento del premio è stato moderato ed è motivo di gioia – solo lo 0,2% –, a Sud delle Alpi si piange visto che l’aumento sarà del 2,5% (quasi 13 volte tanto). E questo nel cantone che ha già i premi Lamal più alti della Svizzera. Eppure, a giudicare da quanto affermato dal consigliere di Stato Raffaele De Rosa, dove è stato possibile intervenire a livello di costi, lo si è fatto; in particolare per quanto riguarda le cure stazionarie. C’è però un’ampia fetta delle prestazioni sanitarie che sfugge al controllo cantonale e che andrebbe corretta alla fonte, ovvero modificando la Lamal.
Operazione quasi impossibile visto che il problema dei costi della sanità trova sensibilità diverse a seconda che ci si trovi nella Svizzera tedesca o in quella francese. Nel Canton Vaud, per rimanere in Romandia, è stato per esempio deciso di introdurre una limitazione del peso dei premi rispetto al reddito determinante di un nucleo familiare. In questo modo lo scorso anno i premi non hanno potuto superare il 12% del reddito determinante delle economie domestiche. Quest’anno il limite è stato abbassato al 10%. In questo modo alcune migliaia di famiglie escluse dai sussidi per moderare i premi di cassa malati hanno potuto mantenere intatto, almeno rispetto al reddito, l’onere assicurativo. Si potrebbe replicare l’esercizio in Ticino e le proposte in tal senso non mancano.
Ricordiamo che attualmente una coppia ticinese con due bimbi piccoli, un reddito imponibile di 70mila franchi e una sostanza netta pari a 300mila franchi, paga più di cassa malati (oltre 13mila franchi l’anno) che di imposte (circa 7mila franchi). Un’assurdità. È quindi urgente intervenire a questo livello della piramide sociale per evitare che il sistema si rompa del tutto.
È anche vero che queste ultime misure non sono risolutive per contenere o invertire la dinamica dei costi della sanità. In linea teorica sarebbe interessante ripensare completamente il finanziamento del sistema sanitario, spostandolo sempre di più sulla fiscalità generale che almeno ha il pregio di far contribuire tutti in modo progressivo secondo il reddito e il patrimonio. Ma questo non è un’opzione all’ordine del giorno di nessuna forza politica e non troverebbe facile consenso sociale. Allora come fare per evitare che ogni anno settembre diventi il mese meno atteso dai cittadini? Non certo inviando iniziative a Berna, destinate purtroppo a rimanere nel cassetto della politica federale per anni. Non bisogna farsi illusioni di trovare una sponda oltre San Gottardo. I precedenti negativi non mancano. E nemmeno indignandosi per l’ennesima stangata ineluttabile. Certo, si ottengono facili consensi, ma per il cittadino cambia poco o nulla. Meglio concentrare le forze là dove si può ragionevolmente intervenire: rivedere il livello dei sussidi di cassa malati; una razionale pianificazione ospedaliera; controllo dei costi più incisivo dove sia possibile e la Lamal permetta. Tutto questo nel cantone che conosce la più alta densità di offerta sanitaria privata e pubblica della Svizzera oltre all’invecchiamento della popolazione più pronunciato.