Commento

La Nazionale non è una scelta

Stasera la Svizzera affronta l'Irlanda a Dublino e Shaqiri non ci sarà per concentrarsi sul difficile momento a Liverpool. Ma un leader deve comportarsi in modo diverso

5 settembre 2019
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Egoismo, interessi personali, protagonismo, scarso attaccamento alla causa rossocrociata della quale è anche uno dei cardini, sul piano dell’impatto e dell’immagine. Sono i quattro errori, tutti molto gravi, in cui Xherdan Shaqiri è incappato decidendo di non rispondere alla convocazione di Petkovic. Questa è tutto fuorché una questione tecnica o tattica. Semmai, è una questione di principio, e di (mancanza di) rispetto. La Nazionale non può essere una scelta del calciatore, né lui può professarsi libero di valutare se andarci o no, se il suo apporto sia più o meno utile alla causa comune. La figura deputata alla selezione dei giocatori e alla valutazione del loro grado di forma già c’è, ed è quella del ct. La Nazionale è un privilegio che pochi riescono a meritarsi. Chi ha la qualità per riuscirci, deve onorarlo, lottando strenuamente per tenerselo stretto. Svenderlo, offende. Non dargli il giusto peso, penalizza e squalifica. Sia motivo d’orgoglio, non fastidio. Dovere, mai scelta, altrimenti viene meno quel senso di appartenenza e di rappresentanza che è uno dei principi alla base della Nazionale e della sua storia. Concetti un po’ superati? Forse un po’ sbiaditi, con il tempo, ma pur sempre validi. Deve essere un onore vestire rossocrociato, non un peso. A maggior ragione da parte di uno dei senatori  più rappresentativi di un gruppo che ha proprio in Shaqiri uno dei suoi elementi più in vista, anche sulla ribalta internazionale. Uno che, tra l’altro, nei mesi scorsi si lamentava per non essere  stato inserito fra i tre “capitani” del corso affidato a Petkovic. Ebbene, caro Shaqiri, al di là di “biciclette” spettacolari e numeri a effetto, la rivendicazione di maggiore considerazione ci potrebbe anche stare, ma poi bisogna essere pronti – sempre e senza condizioni  – a farsi carico delle responsabilità che ne derivano. Altrimenti si finisce col dare ragione a chi ha deciso di puntare su altri compagni.Da parte di chi ha il privilegio e l’onore di indossare la casacca rossocrociata è lecito attendersi riconoscenza, attaccamento. Autentico, però, non di facciata. Ciò comporta che se la Svizzera chiama, Shaqiri risponde, con entusiasmo, lui più di altri, mettendo da parte per una settimana le difficoltà che accusa nel proprio club. Altrimenti, il messaggio che passa, all’intero ambiente e ai compagni di squadra, è di scarso trasporto, di poca considerazione verso due appuntamenti che invece sono fondamentali, nella strada verso gli Europei. Sì proprio uno di quei tornei che ai calciatori servono per mettersi in luce, sfruttando una ribalta impagabile che ha tutti gli occhi del mondo puntati addosso. Lì fa comodo esserci? Bisogna guadagnarsela, la maglia. Una maglia mai qualunque, che merita rispetto.