Il capo del Dipartimento sanità e socialità Paolo Beltraminelli esce con le ossa rotte dalla discussione in Gran Consiglio. Dalle urne del 7 aprile il verdetto finale
Il verdetto definitivo lo emetteranno i cittadini con il voto del 7 aprile. Ma nell’attesa del responso delle urne c’è già una prima sentenza politica a carico del popolare democratico Paolo Beltraminelli, cioè del direttore di quel Dipartimento, il Dss, in cui ha preso forma lo scandalo Argo 1. Ed è una sentenza di condanna: l’ha pronunciata ieri il Gran Consiglio, la sua maggioranza, con gli interventi di Galusero (Plr), Caverzasio (Lega), Durisch (Ps), Delcò Petralli (Verdi), Pinoja (Udc) e Pronzini (Mps). Interventi dai quali Beltraminelli è uscito con le ossa rotte.
Nemmeno la breve, e comunque debole, presa di posizione del governo, affidata al suo presidente (Zali), è riuscita a salvare il soldato Beltraminelli – e con lui tutti quei funzionari, compresi quelli di area liberale radicale, che si sono occupati della gestione del mandato (illegale) alla ditta di sicurezza – dai pesanti rimproveri della Commissione parlamentare d’inchiesta. Le macroscopiche lacune amministrative, già evidenziate dal pg Pagani nel decreto con cui lo scorso autunno ha scagionato penalmente i collaboratori del Dipartimento, sono state efficacemente riassunte e trasformate in duri giudizi politici, senza appello verrebbe da dire, da chi in Gran Consiglio si è soffermato sul ruolo di Beltraminelli. Eloquenti anche le parole di Delcò Petralli, quando ha parlato di funzionari che agivano come se sopra di loro non ci fosse nessuno. Devastante. Il resto è nelle 131 pagine dell’impietoso rapporto della Commissione parlamentare di inchiesta, accessibile a tutti, e chi ha manifestato dubbi sull’utilità di questa Cpi dovrebbe ora ricredersi. C’è un prima e un dopo lo scoppio, nel febbraio 2017, del caso Argo 1. E sia il prima sia il dopo non sono certo edificanti, come emerge bene dal documento della Cpi, per l’immagine dell’Amministrazione. E del titolare, (ri)candidato, del Dipartimento sanità. Il verdetto politico definitivo spetterà però agli elettori.