Un Regolamento organico dei dipendenti innovativo e all'avanguardia, un voto all'unanimità. Le ragioni del successo del Rod luganese.
È una parola composta, deriva dal latino ‘meritus’ e dal greco ‘kratos’: il potere di chi merita. Antiche radici etimologiche per un concetto recente, nato negli Stati Uniti del dopoguerra e diffuso più tardi anche in Europa. Il vento della meritocrazia soffia da un paio di decenni anche sul Ticino e ha trovato nella Lugano a maggioranza relativa leghista il primo Comune ticinese pronto a inserirne ufficialmente i principi nel proprio Regolamento organico dei dipendenti (Rod). Una decisione presa all’unanimità dal Consiglio comunale cittadino due sere fa, dopo che per oltre un anno una commissione speciale ha esaminato articolo per articolo. Un voto che già all’indomani non sta mancando di far discutere (cfr. pagina 15) e che offre un paio di spunti di riflessione.
Intanto – che abbia un’accezione positiva o meno –, si tratta di uno strumento d’impronta neoliberale. Scardina parzialmente alcuni assunti egualitari a favore di una flessibilità e di un’efficienza, anche finanziaria, che ricordano più un’impresa privata che l’ente pubblico. E a proposito di questi ultimi, Lugano è davvero all’avanguardia. Principi meritocratici sono adottati da qualche anno dalla Confederazione, dal Canton Ticino e da qualche altro Cantone. A Sud delle Alpi si tratta dell’unico Comune che lega gli scatti salariali alle prestazioni sul lavoro, ma anche a Nord sono ancora in pochi – e in forme diverse, è il caso di Friborgo – a essersi spinti sin lì. Un campo parzialmente minato, tant’è che una prima proposta vecchia quasi dieci anni per l’applicazione di un regolamento meritocratico, molto più d’impatto di quello luganese, a livello cantonale fu bocciata in votazione popolare nel 2010.
Innovativo, ma più tenue rispetto a quanto paventato dall’allora Consiglio di Stato e dal Municipio l’anno scorso. Forse è questo il segreto del successo del Rod luganese. Introduce aspetti inediti senza stravolgere: promozioni e aumenti salariali legati al merito erano già previsti, pur non essendo così minuziosamente codificati. E poi, si tratta di un documento arcobaleno. La struttura è per definizione liberista, ma gli innesti giungono sia dalla destra protezionista (la preferenza indigena), che da sinistra (la trasparenza e l’organo di controllo accolti poi dall’intera commissione). Strizza inoltre contemporaneamente l’occhio sia alle forze portabandiera dei valori famigliari che ai progressisti, grazie alla significativa estensione dei congedi maternità (da 16 a 18 settimane) e soprattutto paternità (da 5 a 20 giorni). Siamo lontani dal modello scandinavo, ma non è una novità di poco conto.
Un Rod con tanti colori quindi, frutto di un intenso percorso fatto di compromessi tipicamente elvetici. A prevalere risulta per adesso il rosa dell’ottimismo. Pur non essendo sicuramente un salto nel vuoto grazie agli emendamenti approvati e ai due anni di prova, è innegabile che si tratti di una sfida. Una partita che tutte le forze politiche luganesi hanno scelto di giocare in nome di una società e di un mondo del lavoro in costante evoluzione. E il vero test, per tutti, sta qui. Da un lato accertarsi che l’operato dei dipendenti pubblici sia effettivamente misurabile e valutabile come ampiamente accade nel privato, dall’altro riuscire a implementare il cambio di mentalità basato sulla cooperazione verticale e orizzontale che si vorrebbe. Dipendenti che siano sì più motivati al lavoro, ma senza che si creino meccanismi di competizione estrema che, come conseguenza diretta e indesiderata, causerebbero un peggioramento delle condizioni di lavoro. Allo stesso legislativo che l’ha unanimemente votato, il compito ora di vigilare sul Rod del secondo datore di lavoro pubblico in Ticino.