Negli ultimi mesi i cittadini della Repubblica e Stato del Cantone Ticino stanno assistendo a fatti piuttosto gravi
Negli ultimi mesi i cittadini della Repubblica e Stato del Cantone Ticino stanno assistendo a fatti piuttosto gravi e nuovi alle nostre latitudini. Vicende che dimostrano quanto la politica, così gestita dai partiti, si ritrovi bloccata nello svolgere il ruolo di controllo, rivelandosi pure incapace di riformarsi dal suo interno.
Ciò avviene (forse) anche perché non c’è più una formazione politica in grado di dettare una linea.
Pensiamo ad esempio al Plrt, quando decideva con poche persone le sorti del cantone al famoso tavolo di sasso. E, più recentemente, pensiamo anche alla Lega dei Ticinesi, quando, retta con mano salda dal padre padrone Giuliano Bignasca e dal suo fiuto, sapeva far seguire alle uscite/sparate sul ‘Mattino’ anche una chiara rotta politica in parlamento. Non sparate a salve, come ai nostri giorni, perché – diciamocelo – il Palazzo (a maggioranza leghista) ha capito che oggi ‘il Mattino’ di Lorenzo Quadri va spesso e volentieri per conto suo, mentre la Lega fa altro.
Quella che stiamo vivendo è una stagione dominata dall’alta tensione fra partiti e singoli esponenti di primo piano, intrappolati nella bufera, che però si dimostrano incapaci di assumere le proprie responsabilità. I partiti sono così ostaggio di chi dovrebbe fare un passo indietro o, per lo meno, uno di lato. Il sentimento ricavato dal cittadino elettore è che ‘così fan tutti’… e vai col liscio.
In una simile situazione di tensione partitica e istituzionale – nella quale il parlamento si è persino trasformato in inquirente, istituendo la Cpi (commissione parlamentare d’inchiesta) sull’Argogate e il Ppd ha ventilato un’analoga possibilità con i rimborsi – le carte che scottano sono regolarmente finite in Procura. L’incapacità dei partiti e dei due poteri (esecutivo e legislativo) nel disinnescare le tensioni, ha finito per chiamare a dirimere le controversie la magistratura inquirente.
Vi sono dunque dossier aperti da mesi e mesi con Argo 1 e un nuovo incarto aperto (chiuso e riaperto e probabilmente richiuso) dal procuratore generale per i rimborsi, ulteriore conferma che anche chi, come la giustizia, ha poteri particolari fatica a ritrovare il bandolo della matassa.
Il momento è grave perché, lo ribadiamo, si sta utilizzando la procura per sanzionare comportamenti comunque politicamente ed eticamente molto discutibili, delegando ad altri poteri le proprie responsabilità. Per fare chiarezza su Argo 1 basterebbe che Paolo Beltraminelli e Fiorenzo Dadò la raccontassero finalmente giusta. Per risparmiarci il giro di Mazurka sui rimborsi basterebbe che chi ha ricevuto salari, regali e rimborsi, senza la necessaria base legale formale o senza la benedizione dell’ufficio presidenziale del parlamento, li restituisse. E invece... si preferisce attendere che a dire se la cosa è lecita o meno sia il buon John Noseda, che non è mica il padreterno.
Perché, non dimentichiamolo mai, il codice penale e l’etica politica sono cose diverse. Non è che, se per finire Noseda sfornerà (come pare) tutta una serie di decreti di abbandono, i casi elucidati non restino disdicevoli dal punto di vista etico.
Se nelle prossime settimane non vi sarà uno scatto d’orgoglio da parte dei partiti e di alcuni esponenti al loro interno (che non mancano) pronti a dire forte e chiaro a chi ha sbagliato di farsi da parte, o di restituire determinati importi, si preannuncia una campagna elettorale da urlo per chi è e resterà nell’occhio del ciclone. In carrozza invece per chi si trova all’opposizione.