laR+ Inchieste e approfondimenti

Sempre più allergici, dall’aria al piatto

In Svizzera il 10% dei bambini ne sono colpiti e circa il 4-6% degli adulti. Un aumento che si registra dagli anni Sessanta fino a oggi

In sintesi:
  • Della situazione in Svizzera e in Ticino ne abbiamo parlato con il dottor Marcel Bergmann, caposervizio di allergologia all’Ente ospedaliero cantonale
  • Nella vicina Italia l’aumento nei bambini fra gli 0 e i 14 anni è del 34%
Osservati speciali
(Depositphotos)
29 novembre 2024
|

Difficoltà respiratorie, prurito in gola o sulla pelle, tosse secca, dolore addominale, fino a sintomi ben più gravi e antipatici e addirittura choc anafilattici. Sono alcuni dei sintomi di allergie alimentari sempre più presenti nella nostra società. In dieci anni, secondo un recente studio inglese, esse sono raddoppiate, con la necessità di autoiniettori di adrenalina salvavita per una persona colpita su tre. Nella vicina Italia l’aumento nei bambini fra gli 0 e i 14 anni è del 34%. Della situazione in Svizzera e in Ticino ne abbiamo parlato con il dottor Marcel Bergmann, caposervizio di allergologia all’Ente ospedaliero cantonale.

Dottor Bergmann, i recenti dati che segnano un aumento dei casi di allergie alimentari rispecchiano anche le statistiche elvetiche e ticinesi?

La risposta è affermativa, e non parliamo solo di un aumento delle allergie alimentari, ma di allergie in generale, pensiamo alle allergie respiratorie e all’asma. L’aumento delle malattie allergiche – ovvero le malattie legate all’iperattività del nostro sistema immunitario, e cioè alla reazione a proteine dell’ambiente tramite anticorpi cosiddetti IgE (immunoglobulina E), che è possibile misurare – lo riscontriamo da più di dieci anni, direi da circa un secolo. È vero, a ogni modo, che un aumento drastico è stato notato soprattutto fra gli anni Sessanta e Novanta, aumento che continua ancora oggi. Parlando specificamente di allergie alimentari, le si possono riscontrare nel 10% dei bambini e in circa il 4-6% degli adulti. La Svizzera, dunque, segue il trend dei Paesi industrializzati, ed è in linea con i Paesi europei, a eccezione della Gran Bretagna che mostra cifre ben più alte.

Quali le cause?

È un aumento multifattoriale. L’inquinamento e il contatto con le polveri fini è uno di questi fattori. Riguardo all’alimentazione se essa non è strettamente collegata, certamente i cambiamenti avvenuti nella nostra dieta, meno variata soprattutto negli ultimi decenni, hanno portato a un aumento delle allergie. Sappiamo, infatti, che un’alimentazione bilanciata e con introduzione precoce di alimenti allergizzanti ha un effetto protettore sull’allergia alimentare. L’aumento delle malattie allergiche, in generale, è anche molto dovuto al nostro stile di vita che è cambiato moltissimo negli ultimi decenni, in particolare per quella che viene definita l’ipotesi dell’igiene (hygiene hypothesis). Essa parte dal principio che non siamo più abbastanza a contatto con dei microrganismi o delle sostanze che vengono prodotte da questi microrganismi presenti nella natura, in fattoria per esempio. Siamo cioè di per sé troppo puliti. Vi sono studi molto interessanti che hanno mostrato la correlazione fra popolazioni che vivono a stretto contatto con un ambiente rurale, primario, e soprattutto con contatto con bovini, e la minore presenza di malattie allergiche. Il nostro sistema immunitario è quindi troppo poco sollecitato da microrganismi esterni, “si annoia” e inizia a reagire a proteine che dovrebbero di per sé essere tollerate dal nostro corpo.

Ha parlato di dieta poco bilanciata, ma cosa ci porta a essere meno protetti?

Non è un alimento o degli alimenti in particolare. Esiste uno studio molto interessante pubblicato da un gruppo svizzero che ha dimostrato che mangiare di tutto ha un effetto protettivo sullo sviluppo di allergie alimentari. E sappiamo anche che escludere un alimento non è benefico. In passato si ritardava nei bambini l’introduzione di alimenti allergizzanti, pensiamo al pesce, alla frutta a guscio. Oggi invece si è visto che ciò nel bambino è controproducente, mentre è protettivo introdurre precocemente, se possibile, tutti gli alimenti, anche allergizzanti, così da indurre più facilmente a una tolleranza.

Chi è il paziente tipo?

Se parliamo di allergie alimentari è importante differenziare due forme. Abbiamo le allergie alimentari primarie, dove i bambini nei primi anni di vita si sensibilizzano, producono cioè gli anticorpi IgE contro le proteine di certi cibi. I bambini che risultano essere allergici a determinati alimenti possono avere delle reazioni forti, sistematiche, fino a una reazione anafilattica, che può variare in severità a dipendenza del cibo (crudo e cotto) o del bambino stesso. Queste forme di allergie alimentari primarie possono scomparire nel tempo, dipende dall’alimento, in particolare vale per il latte, l’uovo, il frumento. Ci sono, diversamente, altri cibi, come il pesce, i crostacei, le noci, le arachidi, per cui una volta che il bambino ha sviluppato gli anticorpi, e reagisce al contatto con questo alimento, l’allergia tende a non scomparire e a protrarsi in età adulta. Ci sono però naturalmente anche delle allergie alimentari anafilattiche che possono subentrare più tardi nell'età.

Quale la seconda forma di allergia alimentare?

Si tratta dell’allergia dovuta ai pollini, soprattutto della betulla, in grado di provocare una cosiddetta cross-sensibilizzazione e cross-reattività a frutta o verdura. I pazienti reagiscono con un prurito orale, una fastidio alla bocca o alle orecchie quando si inserisce l’alimento crudo. Reazioni che per la maggior parte dei pazienti rimangono locali. È il tipico esempio della mela o della carota. Proteine però che vengono distrutte alla cottura. Se, riassumendo, nel caso dell’allergia primaria il paziente ha una reazione tanto con l’alimento sia crudo che cotto, in quanto sono delle proteine termostabili, nell’allergia secondaria abbiamo delle proteine termolabili che si denaturano con la cottura. Cambia per questo anche l’approccio alla persona allergica: da un lato vi è l’esclusione completa dell’alimento, dall’altra l’esclusione dell’alimento crudo, così che verrà dato un kit d’urgenza in caso di reattività anafilattica, mentre per un’allergia crociata solitamente un semplice antistaminico o anche solo un bicchiere d’acqua o meglio ancora succo di limone.

Quanti pazienti con allergie alimentari visita ogni anno?

Visito circa dieci persone a settimana, dunque i conti sono presto fatti: fra i 150 e i 200 pazienti l’anno, con allergie tanto primarie quanto secondarie.

Dalle allergie si può guarire?

Per certi alimenti e nella maggior parte dei bambini l’allergia primaria scompare da sola. Ma non è il caso di tutti i bambini, dipende anche dal valore degli anticorpi. La maggior parte ha comunque una buona prognosi. Quando non scompare spontaneamente è possibile seguire un percorso di desensibilizzazione orale. Va detto che risulta molto impegnativo per i genitori, va discusso, spiegato, monitorato, in quanto se può migliorare la loro qualità di vita, porta con sé, durante la cura, un rischio aumentato di reazione. Sono tutte discussioni importanti, non tutti l’accettano, non tutti sono disposti a farlo. In generale, quando la probabilità di una risoluzione spontanea è molto bassa, si tende ad agire abbastanza rapidamente già prima dei quattro anni.

C’è una differenza fra uomo o donna?

Non significativa. Le allergie colpiscono maschi e femmine, anche se ci possono essere piccole variazioni su uno specifico problema, ma non in termini di cifre importanti.

Forse esula dalle sue competenze, ma come viene percepito il problema delle allergie nella nostra ristorazione?

Una tematica che avverto molto spesso. In Svizzera vi sono ancora poche conoscenze, e una certa ignoranza, in merito. Soprattutto si fa ancora molta confusione fra allergie e intolleranze alimentari. Un’allergia al latte o un’intolleranza al lattosio, per esempio, sono due patologie completamente diverse con un primo bambino a rischio anafilattico e l’altro che se ingerisce un po’ di lattosio ha disturbi gastro-intestinali. Purtroppo, in generale nella nostra ristorazione, la tematica non sempre viene presa sul serio, comportando più di una volta una reazione allergica non per forza grave ma comunque fastidiosa. Chiaramente dipende anche dalla sensibilità del cuoco, dal personale, ci sono dei ristoranti dove si lavora bene in quest’ambito, chiedendo fin dalla prenotazione del cliente al telefono di eventuali allergie o intolleranze. Ho però l’impressione che in Svizzera non ci sia ancora una cultura sistematica. In altri Paesi, anglosassoni in particolare, dove hanno una prevalenza più elevata di allergie alimentari, fra cui per esempio le arachidi, quando si entra in un ristorante la prima domanda che fa il cameriere è se vi siano allergie o intolleranze. In Svizzera non capita così facilmente e spontaneamente. Sicuramente in questo c’è molto da migliorare perché in Svizzera siamo nettamente indietro. Pochi ancora i ristoranti che agiscono in questo modo e spesso sono ristoranti di un certo livello. Bisognerebbe già imporlo nelle scuole alberghiere o di ristorazione, in questo manchiamo di “awareness”. Pensiamo poi alla vicina Italia dove è presente una maggiore offerta di prodotti senza allergeni.

Quali le maggiori allergie alimentari presenti in Ticino?

Sono quelle che si riscontrano nel resto della Svizzera. Quelle che riscontriamo più frequentemente sono per il latte e l’uovo, meno per il frumento. Per quanto attiene le noci siamo in linea con altri Paesi europei tranne l’Inghilterra dove il numero è molto più alto. Fra le noci, forte presenza di allergie per gli anacardi, ma anche per la noce nostrana, la nocciola e le arachidi.

È vero che anche sempre più animali riscontrano allergie?

Sì, effettivamente, da quanto sento fra conoscenti, avverto questo aumentato problema anche fra gli animali domestici, cani e gatti in particolare. Non so se esista già un allergologo veterinario, ma in effetti potrebbe essere una nuova professione! Anche negli animali si possono fare i test cutanei e misurare le IgE specifiche. Alla fine, non è sorprendente che anche gli animali, che sono sempre meno a contatto con la natura, e con la sporcizia, cominciano a sviluppare una iperattività del sistema immunitario e successivamente delle allergie.