Gli ultimi dati sul numero di frontalieri in Ticino evidenziano un nuovo record: abbiamo superato quota 66mila lavoratori d’Oltreconfine. Spicca fra tutti i dati l’aumento nel settore terziario, pari a 2’000 unità in pochi mesi. Con buona pace dei populisti in maggioranza al governo, che ne promettevano il dimezzamento. I dati la dicono lunga sull’attuale stato di salute del mercato del lavoro ticinese: da anni i posti di lavoro aumentano, ma vengono occupati sistematicamente da manodopera frontaliera assunta con salari bassi, che non permettono un’esistenza (dignitosa) in Ticino. Il motivo è semplice: il lavoratore frontaliero costa meno rispetto a quello residente. Altrettanto semplice è la soluzione: azzerare il vantaggio economico dell’assunzione d’Oltreconfine. A parità di qualifiche, non ci sarà più motivo di discriminare i residenti e i lavoratori frontalieri verranno assunti laddove effettivamente c’è un bisogno, perché manca la manodopera indigena. Nel 2015 il popolo ticinese ha approvato l’iniziativa per l’istituzione di un salario minimo. A Palazzo però non sembrano avere fretta nell’attuazione della volontà popolare, a dimostrazione che il salario dei ticinesi non per tutti i partiti è una priorità. Nell’estenuante attesa la situazione è ulteriormente degenerata: oltre alla migrazione dei giovani verso la Svizzera interna, comincia a prendere piede la migrazione dei ticinesi verso le zone limitrofe.
I Verdi del Ticino da anni sono in prima linea per proteggere e ampliare dove necessario i diritti dei lavoratori. Ad esempio con la già citata iniziativa Salviamo il lavoro in Ticino, da me lanciata ormai sei anni fa. Ora come allora, rimango convinta che l’introduzione di un salario minimo che sia veramente dignitoso, sia un elemento indispensabile per la difesa del lavoro indigeno. D’altra parte vanno aumentati i controlli: una Legge è efficace solo nella misura in cui viene rispettata e, nell’ambito del lavoro, troppi sono già oggi gli abusi e i soprusi. È sintomatico che in Ticino vi sia chi, avendo violato la Legge sul lavoro, pensa di risolvere la situazione mandando rose bianche ai politici: ma non è davanti ai politici che dovrebbero rispondere delle loro azioni, bensì in tribunale.
È urgente dare una svolta decisa a questa spirale negativa che ha portato il Ticino ad essere in Svizzera fanalino di coda per quanto attiene salari e benessere. La dignità del lavoro dovrebbe essere una priorità, ma la maggioranza politica odierna si oppone al rafforzamento delle misure d’accompagnamento, vuole anzi smantellare molti dei diritti acquisiti dei lavoratori. La maggioranza si oppone a maggiori controlli. La maggioranza rimanda alle calende greche l’introduzione del salario minimo. Queste forze politiche hanno i numeri, ma non le soluzioni e soprattutto non la volontà di cambiare le cose: non aspettiamoci da loro un improvviso cambiamento di rotta. Se vogliamo risolvere il problema del lavoro in Ticino, abbiamo bisogno di una svolta. Prima di tutto politica, il 20 ottobre.