Lo sostiene l’Udc, ma la risposta va contestualizzata. Nel 2020 abbiamo comperato energia elettrica dall’estero per 1’254 miliardi a un prezzo medio effettivo di 3,82 cts/kWh, mentre il costo di produzione dichiarato per la centrale di Leibstadt era di 6,67 cts/kWh (media ultimi 5 anni), costo raggiunto aumentando la potenza da 3’012 a 3’600 MW termici (senza costose modifiche) e calcolando una durata di vita prolungata da 40 a 60 anni.
Forse i signori della General Electric che hanno ideato, prodotto e venduto il reattore erano degli sprovveduti tali da non proporre quel 79% di energia in più che il loro reattore sarebbe stato in grado di produrre aumentandone potenza e durata, forse invece volevano semplicemente rinunciarvi proprio per rimanere nel campo di minimo rischio. La lunga storia dei pericolosi "dryouts" e di corrosione delle guaine delle barre di combustibile che hanno condotto a un fermo centrale di sette mesi e a una limitazione d’esercizio per anni dimostra però che uscire dai sentieri battuti può riservare qualche sorpresa. Come quella delle anomalie nel materiale del reattore di Beznau 1 che la stampa ha riportato come "925 fessure di 7,5 x 7,5 mm in media", poi spiegate come inclusioni di ossido di alluminio già presenti dalla fabbricazione.
Al di là degli aspetti tecnici, ci si può chiedere come mai tali anomalie siano state scoperte solo dopo 46 anni d’esercizio e come mai siano stati necessari tre anni, a reattore fermo, per chiarire una faccenda poi vendutaci come una banalità. Sfruttando al massimo il parco nucleare esistente si può dunque ottenere un approvvigionamento energetico conveniente, ma occorre essere coscienti che ciò va a scapito della sicurezza, compresa quella di approvvigionamento. L’ingordigia di taluni non ha limiti, e certi paradossi diventano normalità: in una centrale francese (e dal 2017 anche a Beznau) si è addirittura arrivati a riscaldare l’acqua di raffreddamento d’emergenza del reattore il cui materiale, reso fragile dal flusso di neutroni nel corso di 40 anni d’esercizio, potrebbe cedere al contatto con l’acqua troppo fredda. I gestori delle nostre centrali nucleari sono assicurati per 1,5 miliardi di euro, mentre i costi del disastro di Fukushima ammontano a 322 miliardi (758 con smaltimento), pur avendo disperso nell’ambiente un decimo di quanto rilasciato da Chernobyl. Fukushima ha infatti avuto la fortuna di poter raffreddare i reattori nei 40 importantissimi minuti intercorsi tra il sisma e l’arrivo dello tsunami, riducendo così di molto l’ampiezza del disastro.
Sia per Chernobyl che per Fukushima, è stata proprio la ricerca della convenienza all’origine dei disastri. Il presidente della commissione d’inchiesta designata dal governo giapponese, nell’introduzione del suo rapporto scrisse: "Non può essere visto come un disastro naturale. Fu un disastro profondamente fatto dall’uomo – che poteva e doveva essere previsto e impedito".