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Cereali bloccati e catastrofe alimentare alle porte

Si stima che prima dell’inizio della guerra Kiev avesse la capacità di esportare circa 3 milioni di tonnellate di cereali al mese.

Si calcola oggi che ci siano 20 milioni di tonnellate di cereali bloccati nei silos dell’Ucraina, e altre 40 potrebbero aggiungersi col raccolto della prossima estate. Le possibilità di una catastrofe umanitaria sono ormai dietro l’angolo. Oltre ai paesi ricchi molto dipendenti da questo grano, vi sono stati come Madagascar, Bangladesh e Congo, assommati ai paesi del Medio Oriente, che dipendono quasi esclusivamente da importazioni provenienti dai paesi attualmente coinvolti dalla guerra. Questo accade mentre in Burkina Faso ci sono già oltre tre milioni di persone in sofferenza alimentare. E accade mentre il cambiamento climatico sta da tempo penalizzando i raccolti di tutto il mondo.

Il rischio di rivolte e carestie è altissimo, con conseguenze inimmaginabili e con previsioni di ondate migratorie su vastissima scala. Ora, con molto ritardo, la comunità internazionale si sta muovendo per cercare di sbloccare questa ingarbugliata e difficile situazione, cercando di creare dei corridoi alimentari attraverso i porti che si affacciano sul Mar Nero o con vagoni silos su rotaia.

La posta in gioco è alta, ci si trova confrontati con il rischio d’immettersi in un vicolo cieco. Infatti Putin ha fatto sapere che le condizioni per entrare in un inizio di trattativa riguardano le famose sanzioni che lui vuole siano abrogate.

Ci si trova perciò in un grosso dilemma, una vera spada di Damocle aleggia nei consessi della diplomazia internazionale. Il "prendere o lasciare" è latente ma la priorità è troppa importante e imperativa per permettere un ulteriore irrigidimento sulle sanzioni. Un eventuale fiasco in queste trattative, il non cedere in assoluto al ricatto di Putin, porterebbe a conseguenze umanitarie drammatiche, con un grave carico di responsabilità su chi non sia stato in grado di evitarle.