laR+ Declinazioni di pensiero

La vergogna deve cambiare campo

(Keystone)

A Teheran è stata aperta la prima clinica al mondo che offre assistenza alle donne per “superare il problema della mancanza del velo”. Come riporta il Tages-Anzeiger, a comunicare la nascita di tale istituzione sulla piattaforma social X è stata la sua direttrice Mehri Talebi Darestani, che ha anche spiegato che l’obiettivo perseguito è quello di promuovere “la modestia, la castità e l’hijab”. Ciò include anche “interventi scientifici e psicologici in relazione alla rimozione dell’hijab”. In parole povere: le donne che non vogliono seguire i codici d’abbigliamento dello stato islamico potranno farsi “curare” (“volontariamente”, si sottolinea!). È una vecchia storia che alle donne viene raccontata da millenni, per umiliarle, piegarle e renderle “conformi” alla società patriarcale. Giocare sulla coercizione, ma anche e soprattutto sulla vergogna, è un trucco che funziona e che in passato è servito a controllare corpo e mente femminili imponendo la castità prima del matrimonio, la reclusione nell’ambito domestico o la negazione dei diritti civili. Certo, abbiamo fatto passi da gigante, ma qualcosa non torna: si pensava che il movimento #MeToo avrebbe cambiato le cose, invece la violenza e l’umiliazione per le donne non finiscono mai.

Come ha affermato Gisèle Pelicot, narcotizzata per dieci anni dal marito e stuprata da una cinquantina di uomini, “la vergogna deve cambiare campo”. È un’affermazione che può apparire scontata, ma che in realtà racchiude il nocciolo della questione, perché per combattere la violenza di genere le vittime devono smettere di vergognarsi. Non a caso proprio questa frase è stata scelta come motto dal movimento di protesta nato in Francia in seguito al caso Pelicot. Proprio in Francia sono previste misure volte a proteggere meglio le donne, che consentiranno per esempio la denuncia di un’aggressione direttamente in ospedale, evitando così una doppia umiliazione.

Lo pensa anche la nostra consigliera federale Baume-Schneider, che vuole approntare un piano nazionale per combattere la violenza di genere tramite campagne informative mirate. Le fa eco, dalle pagine del Tages-Anzeiger, Corinne Kauf, procuratrice specializzata in violenza domestica, che spiega quanto importante sia parlare di questa problematica il più possibile, per sensibilizzare la popolazione e cambiare la mentalità. Oggigiorno i casi di abuso domestico non vengono più gestiti come “questioni private”, ma come reati a cui applicare “tolleranza zero”. Eppure rimane ancora tanto da fare, come mostrano le statistiche dell'Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo: ogni anno, in Svizzera, la violenza domestica provoca la morte di 25 persone, il 75% delle quali donne. Parliamone, dunque, e “curiamo” – senza bisogno di creare cliniche specializzate – l’insensata volontà di “schiacciare” le donne, dentro e fuori le mura domestiche. La libertà delle donne, conquistata grazie a lunghe lotte, deve andare di pari passo con la loro sicurezza.