Come membro del Comitato del coordinamento donne della sinistra, non mi è certo passata inosservata la considerazione della giornalista De Feo, che conclude il suo articolo del 21 agosto sulla deplorevole vicenda del giudice Ermani, con un’osservazione sul silenzio degli ambienti femministi.
Questa considerazione mi ha portata a due riflessioni: innanzitutto che l’esiguo numero di persone attive che siamo non aiuta ad essere costantemente reattive in ogni situazione (e sono sempre molte, troppe) in cui i diritti delle donne e di altre minoranze non vengono rispettati in Ticino. Ne approfitto quindi per invitare ogni persona interessata a queste tematiche a prendere contatto con il Coordinamento: ogni apporto è prezioso.
La seconda riflessione è invece questa: invocare la reazione delle femministe è giusto, ma ampiamente insufficiente dal mio punto di vista.
Il silenzio che va rotto è quello di ogni persona che assiste passivamente ad atteggiamenti sessisti, presenti ahimè in gran parte dei contesti professionali (e non) della nostra società.
Certo, attuati da una persona con il ruolo di Ermani fanno più scalpore, ed è giusto che se ne parli, visto che sotto la sua responsabilità si processano anche reati di ordine sessuale.
Ma tutti noi sappiamo che queste “battute” sessiste sono sdoganate ovunque. Tanti uomini, anche in posti di responsabilità e potere, si sentono ancora legittimati ad usarle perché, appunto, quel potere se lo sentono garantito da un sistema dove tutti tacciono, per paura, per abitudine. Non basterà certo il dito puntato di qualche femminista per fare la differenza. La richiesta di cambiamento verso un vero e profondo rispetto fra i generi, e fra le persone a prescindere dal genere, dev’essere corale e collettiva, della società tutta.