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Vallemaggia: piano Marshall e collegamento a nord

(Ti-Press)

L’immane tragedia che ha colpito la Vallemaggia è ancora presente nelle nostre emozioni quotidiane. Morti e dispersi, case e aziende distrutte, fatiche di una vita trascinate via dal fiume. Ora è il momento del cordoglio, del lento ripristino delle vie di comunicazione, del ritorno nei propri luoghi. Seguirà la vera ricostruzione, sulla quale intendo soffermarmi.

Innanzitutto va riconosciuto come la Vallemaggia costituisce il 20% del territorio cantonale, fornisce l’acqua usata dalle aziende idroelettriche, che riversano decine di milioni di franchi nelle casse cantonali, dopo aver pagato la valle un importante tributo in termini di deturpazione del territorio (in cambio di un “piatto di lenticchie”) e offre un paesaggio alpino di rara bellezza, grazie all’incessante cura del territorio messa in atto dai vallerani (agricoltori, selvicoltori, artigiani, pastori) con la loro faticosa attività quotidiana.

La drammatica alluvione del 30 giugno ha messo in evidenza la fragilità di questa valle e, soprattutto, dell’imprescindibile necessità di disporre un collegamento a nord, con la Leventina, oggi assente. Il tema si trascina da oltre 60 anni. Alle promesse fatte ai tempi delle costruzioni delle dighe e dello smantellamento della ferrovia valmaggese, non seguirono i fatti. Le alluvioni, le valanghe, le colate di fango e detriti saranno, nostro malgrado, sempre presenti e metteranno a rischio le vie di comunicazione. L’isolamento di queste settimane, dovuto al crollo del ponte di Visletto, sta causando enormi problemi economici alla regione. Il mancato arrivo dei mezzi meccanici per intervenire sui terreni devastati, le difficoltà negli approvvigionamenti primari, il blocco di qualsiasi attività economica verso l’esterno, evidenziano ancora una volta la necessità di dover disporre di vie di comunicazione sicure e certe. Ne consegue che il dibattito politico in Gran Consiglio, relativo alla ricostruzione, dovrà necessariamente tenere conto di queste circostanze e, finalmente, prevedere la realizzazione del collegamento a nord della Vallemaggia. Il rischio di spopolamento e abbandono del territorio è troppo alto.

Oltre a ciò, per dare un futuro, ma anche per offrire concrete possibilità di crescita e di insediamento duraturo, l’occasione potrà essere propizia non solo per ricostruire quanto distrutto, ma anche per realizzare opere che siano utili al rilancio della valle sfruttando sinergie (pianificatorie, progettuali, edilizie) ed economie di scala.

Detto altrimenti, dove un argine è franato, non ci si limiti a costruirne uno più alto, ma si pensi ad una strada a favore degli alpigiani e del loro bestiame. Dov’è crollata la pista del ghiaccio, si ragioni sulla creazione di un centro sportivo per tutte le stagioni, anche per gli sport estivi, a beneficio, in primo luogo, dei giovani e delle famiglie locali. Dove è crollato un ponte pedonale, si pensi a ripristinare un collegamento che permetta all’agricoltore di raggiungere la propria stalla, ma che al contempo funga anche da percorso ciclopedonale a favore dei turisti (completando la pista ciclabile della Vallemaggia sino a Fusio e oltre). E ancora, si abbia la lungimiranza di collegare, con il trasporto pubblico, la Lavizzara direttamente con la bassa Vallemaggia e Locarno rendendola più attrattiva per la residenza primaria. E sempre in tale contesto, eccezionale, si valuti la richiesta di deroga alla Confederazione sui tempi di realizzazione dell’innalzamento della Diga del Sambuco potendo in tal modo integrare il progetto nella ricostruzione. E così via. Per fare tutto questo ci sarà bisogno di un grande coraggio da parte di tutti gli attori coinvolti: Confederazione, Cantone, Comuni, Patriziati, Ers, Otr, aziende idroelettriche. Insomma, alle parole e ai buoni auspici di oggi, dovrà concretizzarsi un vero e proprio piano Marshall per la Vallemaggia.