Da ottobre 2023 il Cantone obbliga i Comuni a denunciare penalmente gli assicurati morosi di cassa malati che non si piegano all’ordinanza comunale di comparizione. Gran parte dei Comuni, a giusta ragione, ha risposto picche. Il Consiglio di Stato, in luogo di prendere in mano la situazione e decretare lo stralcio dell’infausto articolo di regolamento, ha deciso di procedere a una consultazione (l’ennesima) sul tema, rivolta ai Comuni.
Consultazione che tocca anche il tema dell’eventuale ripristino della famigerata blacklist.
E questo, dopo che nel gennaio di quest’anno la Commissione nazionale di etica per la medicina umana (Cne) si è pronunciata decisamente contro le cosiddette “liste nere”, sottolineando che “il rifiuto o il rinvio di prestazioni mediche viola i principi etici fondamentali e si scontra con gli standard etici professionali”.
Non riesco a capire tale orientamento del Cantone, in quanto il tema non è politico, ma tecnico. Un tema da specialisti in materia, che abbiano però solide fondamenta conoscitive in questo ambito.
Ma la cosa che mi stupisce maggiormente è che ci sia ancora chi possa sussumere che ci siano morosi per volontà, pur avendone i mezzi, creando così costi scoperti che ricadono sulla comunità. Ricordo a costoro che il Cantone paga solo quando ci sono attestati di carenza di beni. Chi non paga viene perseguito dall’Ufficio esecuzioni, che rilascia l’attestato di carenza di beni solo dove accerta che non vi sono mezzi da sequestrare o da pignorare. Uno studio del 2009, promosso dal Consiglio di Stato di allora, dimostra i che morosi che creano costi al Cantone hanno già in media 50 attestati di carenza di beni, con debiti già escussi per 110’000 franchi. Ora non capisco proprio come ci sia chi possa pensare che tra questi si annidino i furbetti che hanno i mezzi, ma non pagano i premi. Si tratta di un ragionamento assurdo, senza il minimo sostrato scientifico o anche di semplice conoscenza puntuale nel settore.
È dal lontano 1992 che mi occupo di questo tema a livello nazionale, e non solo cantonale.
Ebbene, posso testimoniare che in questi 32 anni sul piano nazionale non si è documentato un solo caso – dicasi uno solo! – di persone che ne hanno i mezzi, ma volontariamente non pagano l’assicurazione malattie al punto da ricadere a carico dello Stato. Avvalorando con ciò, sul piano pratico e concreto, le conclusioni dello studio del 2009, ripreso nel Messaggio governativo n. 6275. Ne fosse emerso anche uno solo, lo avrebbero sbattuto sulle prime pagine dei giornali, così come fanno con i (pochissimi) falsi invalidi, per pulirsi la coscienza delle migliaia e migliaia di veri invalidi gettati in assistenza, con metodi freddi, inumani e distaccati dalla realtà vera, da un’assicurazione invalidità ormai saldamente più attenta alle finanze proprie (ovvero abbattere le rendite), che non alle finalità sociali di rete di protezione.
Insomma, i cosiddetti furbetti della LAMal, di cui si parla molto, sono come l’araba fenice: che vi sia, ciascun lo dice, dove sia, nessun lo sa. Altrimenti detto: un parlare a vanvera. Questa la realtà delle cose.