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Too big or not too big?

Non può lasciare indifferenti l’affermazione del presidente del Cda di UBS, fatta davanti all’assemblea degli azionisti, secondo cui la banca non sarebbe “too big to fail”. Espresso diversamente, ciò significa che se il gigante UBS dovesse collassare, non ci sarebbero conseguenze né per la Svizzera, né per la sua economia e nemmeno per i suoi contribuenti. Difficile da credere, soprattutto considerando che gli esperti concordano sul fatto che UBS sia a pieno titolo una banca di rilevanza sistemica per le sue dimensioni, per la sua interdipendenza con il sistema finanziario e con l’economia, e infine per la sostituibilità a breve termine dei servizi da essa forniti. Le cifre parlano chiaro: UBS ha una somma di bilancio pari al doppio del Pil nazionale, mentre il volume dei titoli depositati presso le banche della nostra piazza finanziaria sorpassa i 7’000 miliardi.

Per capire cosa comporterebbe un dissesto di UBS è utile ricordare quanto successo negli USA la scorsa primavera: la crisi innescata dalla Silicon Valley Bank ha portato i clienti a trasferire dalle banche più piccole alla banca numero uno, meglio capitalizzata, qualcosa come 490 miliardi. Una crisi della nostra numero uno significherebbe dunque un dissesto dell’intera piazza finanziaria elvetica con i suoi 220’000 posti di lavoro (banche e assicurazioni).

Che il pacchetto di misure contenute nel rapporto sulla stabilità delle banche del Consiglio federale non piaccia ai banchieri, in modo particolare la richiesta di rafforzamento della liquidità, si capisce. D’altra parte, l’introduzione nel diritto ordinario della possibilità di concedere una garanzia statale della liquidità non piace ai contribuenti, spettatori della privatizzazione degli utili, ma attori involontari nell’assorbimento delle perdite.

Per Colm Kelleher, presidente del Cda di UBS, il rafforzamento della liquidità è il rimedio sbagliato. Ma, come affermò Albert Einstein, non si può risolvere un problema con il modo di pensare che l’ha creato. Ai banchieri piace il rischio, prova ne è che, nel rapporto di gestione di UBS appena presentato agli azionisti, la parola “risk” appaia ben 2’227 volte. Alla politica spetta invece il compito di azzerare il rischio per la piazza finanziaria e per i contribuenti. Dopo il flop dell’ultimo tentativo, speriamo che stavolta ci riesca.