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L’anno cruciale

Il 2024 sarà un anno molto importante per capire cosa ci attende nel futuro a medio termine. Le elezioni europee di giugno e il rinnovo della presidenza degli Stati Uniti previsto per novembre potrebbero confermare l’assetto politico attuale o sprofondare Europa e Usa in un incubo dal quale sarà difficile riaversi.

Gli enjeu politici sono conosciuti. A giugno bisognerà capire quale sarà la maggioranza che uscirà dalle elezioni nei 27 Paesi aderenti all’Unione europea e soprattutto osservare cosa intenderà fare il Partito popolare europeo nella prospettiva di una crescita della rappresentanza delle forze sovraniste. Manterrà l’attuale posizione, che prevede di lasciare queste forze all’opposizione, oppure vorrà tentare di integrarle nel Governo europeo?

A novembre poi si elegge il nuovo presidente americano e una parte del Congresso. Anche qui i cambiamenti potrebbero essere di rilievo, nel caso di un ritorno di Trump alla Casa Bianca.

Il contrasto all’invasione ucraina è il primo dei grandi temi che un certo andamento delle elezioni europee e americane potrebbe rimettere in discussione. La posizione dei repubblicani negli Usa e quella di un Trump nuovamente presidente indebolirebbero di parecchio la forza di resistenza degli ucraini, a meno di una relève europea poco probabile e comunque insufficiente sul piano della fornitura di armi di difesa. Un’eventuale nuova maggioranza politica a Bruxelles che vedesse unite le destre sovraniste e la destra moderata renderebbe poi le cose ancor più complicate per Kiev. Un successo di Putin in questo conflitto sarebbe disastroso, perché legittimerebbe in maniera inaccettabile le guerre di invasione, indebolirebbe le democrazie nei confronti delle dittature e genererebbe e/o rafforzerebbe probabilmente nuove alleanze geopolitiche pericolose per l’Europa e per la Svizzera, comunque la si pensi.

Il secondo grande tema che potrebbe subire una mutazione d’approccio, in realtà il primo per la sua importanza per il futuro del genere umano, riguarda la lotta ai cambiamenti climatici. Il tema è immensamente complesso, tecnologicamente perché la sostituzione delle energie fossili necessita di enormi investimenti pubblici e privati, socialmente perché non è possibile far pagare la transizione ecologica ai Paesi poveri e alle classi sociali meno abbienti nei Paesi sviluppati, ma un rallentamento o uno stop a quanto, seppur lentamente, si sta muovendo in questo ambito potrebbe essere fatale. Anche qui un eventuale cambio di maggioranza a Bruxelles e l’eventuale ritorno di Trump alla Casa Bianca sarebbero disastrosi per le generazioni future.

Infine quest’anno elettorale sarà cruciale per il futuro dell’Europa. Un Unione europea nella quale i sovranisti dovessero contare davvero rimarrebbe paralizzata per anni, ostaggio dei piccoli nazionalismi e quindi condannata all’irrilevanza nel panorama delle potenze mondiali. E un indebolimento dell’Unione europea non sarebbe una buona cosa per il nostro Paese, che con l’Unione ha relazioni estremamente importanti e che per mantenere saldamente tali relazioni ha bisogno di un’Europa stabile. Lo abbiamo visto con la Brexit: di fronte a problemi più importanti, Bruxelles tende a mettere la questione dei rapporti con la Svizzera in secondo piano, cosa che è un bel problema per noi, molto meno per l’Unione.

Qualora invece la maggioranza politica a Bruxelles non cambiasse e a Washington tornasse Trump, l’Unione europea si troverebbe paradossalmente nella necessità di dover spingere verso un rafforzamento delle istanze comuni, questa volta affrontando il delicatissimo tema della difesa militare europea. Questo sia per il cambiamento rispetto al sostegno dell’Ucraina di cui ho già detto, sia perché è prevedibile che un’eventuale nuova presidenza Trump ritornerebbe a rimettere in discussione l’impegno militare americano nel vecchio continente attraverso la Nato.

Le scelte politiche in Europa e negli Stati Uniti in calendario quest’anno potrebbero quindi avere effetti negativi sul nostro futuro. Evidentemente non me lo auguro, ma da dopo la pandemia, quella che per gli ingenui doveva rivitalizzare il senso di solidarietà (!!!), la crescita un po’ dappertutto dei nazionalismi, del ripiegamento identitario, se non dei veri e propri fascismi, non può lasciare tranquilli. Non solo le sinistre, ma anche quella parte dell’elettorato centrista che comunque ritiene ancora fondamentali i valori della solidarietà, della responsabilità verso la collettività, dell’apertura verso gli altri.