“La comunicazione è l’opposto della conoscenza. È nemica delle idee perché le è essenziale dissolvere tutti i contenuti. L’alternativa è un modo di fare basato su memoria e immaginazione, su un disinteresse interessato che non fugge il mondo ma lo muove”. Mario Perniola, Contro la comunicazione.
Perché iniziare con una citazione di questo tipo? Per spiegare che la comunicazione politica si è orientata verso un tipo di linguaggio che, incitando all’odio ed al dissolvimento di ogni idea, come afferma Perniola, porta al dissolvimento stesso dei contenuti. Per farla breve, poco importa ad alcuni politici se il contenuto delle loro affermazioni sia vuoto di significato e foriero di inutili stereotipi.
Qualche anno fa – molti anni fa direi –, la comunicazione politica era di tipo circolare: l’uomo di Stato che faceva politica si metteva a disposizione dei cittadini “facendo” e realizzando, o meglio, tentando di realizzare concretamente quello per cui era stato eletto ed i media comunicavano ai cittadini quanto stava avvenendo. I cittadini a loro volta elaboravano la propria opinione sulla base di quanto veniva loro raccontato dai media, in un circuito di valutazione reciproca che, con tutti i difetti del caso, poteva quantomeno funzionare da veicolo di idee e di pensiero.
Oggi la comunicazione politica avviene su un piano più dinamico ma deleterio. I politici comunicano direttamente con i cittadini utilizzando un tipo di linguaggio che si basa su pochi secondi di contenuti social. Questo linguaggio deve essere molto efficace, rapido, colorito, spettacolare: deve illuminare l’attenzione sempre più latente di cittadini sempre meno abituati a riflettere.
Molti politici utilizzano continui frame, parole chiave, pochi contenuti, sempre gli stessi, che funzionano un po’ come gli spray al peperoncino nelle borsette delle signore. Una spruzzata di xenofobia ed ecco che il problema della cassa malati non c’è più. Per un po’ almeno. Un goccio di omofobia e, voilà, i problemi delle disparità salariali passano in secondo piano. Ovviamente questo tipo di comunicazione richiede continui interventi, continue operazioni comunicative spettacolari e astratte: i problemi non vengono risolti mai, ma questo non importa un fico secco al cittadino medio. L’importante è l’anestesia. Il cittadino non ha la pazienza di capire che i problemi possono essere risolti solo con l’intelligenza, con la competenza, con la pazienza e la collaborazione; il cittadino vorrebbe risolvere le questioni con un clic. Ecco perché questo tipo di comunicazione politica è efficace, lo vediamo quotidianamente e lo abbiamo visto anche in passato.
Decine di studiosi si interrogano sul cosiddetto “enigma del consenso” di Hitler, su quel fenomeno per cui una popolazione si ritrovò a credere, senza capire come e perché, negli ideali più beceri e bassi del pensiero umano. Per constatare l’efficacia di questa comunicazione basta affacciarsi oltre confine per vedere il successo che la politica urlata, rabbiosa, razzista ha tra i cittadini. Poco importa se i risultati per i cittadini sono lontani dall’arrivare e non arriveranno.
In questo periodo elettorale ci si riempie la bocca di Costituzione, di valori svizzeri... Ma questa Costituzione qualcuno l’ha letta davvero? Me lo domando perché nel Preambolo della Costituzione leggo: “Risoluti a rinnovare l’alleanza confederale e a consolidarne la coesione interna, al fine di rafforzare la libertà e la democrazia, l’indipendenza e la pace, in uno spirito di solidarietà e di apertura al mondo”. Di apertura al mondo. Spirito di solidarietà. Apertura al mondo. Solidarietà. Sono frasi meravigliose, che riempiono il cuore e lo spirito e dovrebbero essere le parole della politica. Quando si parla di democrazia si deve parlare di basi morali dei cittadini senz’altro, ma ancor di più, come diceva Alcide De Gasperi, dei costumi che regolano la loro comunità: “Nei momenti più decisivi, quando l’elettore democratico è chiamato ad esercitare il diritto di voto, egli deve essere incorruttibile in confronto alle lusinghe dei demagoghi e dei ricatti dei potenti e quando agisce nella manifestazione collettiva deve vigilare perché la sua coscienza morale non venga sommersa dalla marea spesso istintiva e irrazionale della massa. E tuttavia il suo spirito dovrà essere aperto al più profondo sentimento comunitario, dovrà sentire vivissimo il senso della fraternità, e la democrazia dovrà costituire per lui non semplicemente un regime di istituti, ma una filosofia interiore che si alimenta non solo degli elementi razionali nell’interesse comune, ma anche soprattutto degli elementi ideali che pervadono le tradizioni spirituali e sentimentali e la storia della nazione”. Che pensiero meraviglioso! Quando potremo leggere ancora frasi di questo spessore culturale? Da pubblico cittadino è commovente rileggere ancora queste parole soprattutto quando uomini delle Istituzioni, uomini che dovrebbero rappresentare riferimenti culturali e morali ineccepibili, si esprimono usando termini come “slinguazzare” e “mezzi svizzeri”: termini che portano e veicolano solo inutile odio, intolleranza, razzismo. Sarebbe bello riportare il dialogo politico su questi livelli di cultura, di conoscenza, di speranza, di collaborazione. Speriamo di non risvegliarci, tra qualche anno, da un incubo di intolleranze e di distruzioni, incubo in cui mi sembra che stiamo tutti piombando piano piano.