“Sono esasperato, ho pensato più volte di lasciare la mia attività”. Parole, queste, pronunciate con un senso di impotenza misto a tristezza da un allevatore della Val Rovana in un’intervista andata in onda lo scorso anno. L’uomo aveva perso ben 40 pecore in soli tre attacchi del lupo. Il tema resta di grande attualità. La Legge federale sulla caccia e sulla protezione dei mammiferi e degli uccelli selvatici (Lcp) prevede che tutte le specie non appartenenti ad una specie cacciabile siano protette. Tra queste specie vi è il lupo. I Cantoni possono ordinare o permettere misure contro singoli animali protetti o cacciabili solo se causano danni rilevanti. Il 27 settembre 2020 il popolo svizzero ha respinto le modifiche della Lcp che prevedevano una migliore protezione della natura e soluzioni pragmatiche per la gestione del lupo. Finalmente il Consiglio federale ad inizio giugno del corrente anno ha deciso, con la revisione parziale dell’ordinanza sulla caccia che è entrata in vigore il 1º luglio 2023, di facilitare l’abbattimento di singoli lupi e di branchi. Questo non risolve il problema ma è un primo passo nel riconoscere la sua rilevanza. Attualmente in Svizzera vivono 20 branchi e 180 lupi. Senza nessun intervento nel 2050 i branchi saranno 50 e i lupi 350. Bisogna con urgenza stabilire una regolamentazione preventiva e non l’abbattimento solo quando provocano danni. L’economia alpestre è di vitale importanza non solo per la produzione di formaggio di altissima qualità che viene riconosciuto e premiato a livello internazionale, bensì anche per il mantenimento dei pascoli e contro l’imboschimento. Senza l’adozione di misure incisive contro la proliferazione dei lupi, gli allevatori abbandoneranno gli alpeggi. Ciò comporterebbe un grave danno non solo per il settore primario ma anche per il paesaggio, per la tradizione e l’immagine stessa della Svizzera.