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La necessità di una seconda grande banca

Se nel 2022 Ubs ha registrato un utile di 7,6 miliardi di franchi (era di circa 7 miliardi l’utile del 2021) per Credit Suisse l’anno appena trascorso ha invece generato una perdita di 7,3 miliardi di franchi (1,5 miliardi la perdita nel 2021). Insomma, una differenza, sui due anni, di oltre 23 miliardi tra i due colossi della finanza! Due situazioni palesemente notate anche dal mercato borsistico: se fino al mese di marzo del 2021 i due titoli seguivano lo stesso andamento, a partire dalla primavera del 2021 il titolo di Ubs ha registrato una tendenza di crescita positiva mentre quello di Credit Suisse ha continuato a diminuire. Molte informazioni erano palpabili, ma nessuno della preposta Autorità di vigilanza (Finma) sembra essersi accorto delle grane che già da anni stavano stritolando Credit Suisse. Insomma c’è poco da stare allegri se nel nostro Paese l’Autorità di vigilanza (creata ad hoc dopo la crisi del 2008) non è in grado di percepire certi problemi. Ma su questa débâcle della Finma spero che se ne discuterà nella sessione straordinaria che le Camere federali hanno in programma nel mese di aprile proponendo nuove e adeguate misure, non più imposte dalle potenti lobby politiche di stampo zurighese e rappresentate a Berna da certi partiti.

Se l’acquisizione di Credit Suisse da parte di Ubs ha di fatto innescato una sorta di monopolio, in barba alle varie leggi federali sulla protezione della concorrenza economica, non bisogna però dimenticare che per le canoniche attività commerciali svolte dalle banche, quali i crediti alle aziende, i crediti ipotecari ecc., la Svizzera è ancora ben rifornita di istituti finanziari, si pensi per esempio alle banche cantonali (BancaStato per il Ticino), alle Raiffeisen ecc., che con la loro presenza e per determinati servizi garantiscono ancora un certo livello di concorrenza.

Vi è però un grande problema, una sorta di spada di Damocle, che caratterizza questo “affare”. L’acquisizione di Credit Suisse da parte di Ubs porta di fatto quest’ultima ad assumere una dimensione anomala per il nostro Paese. La nuova grande Ubs sarà costretta a “rigare dritto” per evitare che incappi in altre faraoniche crisi finanziarie. Se Ubs dovesse imbattersi in una nuova crisi finanziaria, questa volta, né la Banca nazionale svizzera, né la Confederazione saranno in grado di salvare la situazione. Ma come abbiamo imparato, nel mondo della finanza tutto è possibile, tutto è imprevedibile. Il rischio zero non esiste.

È perciò importante che l’attuale management di Ubs dia un ulteriore e forte segnale di attaccamento al nostro Paese, affiancando agli affari economici della banca anche quelli più generali che caratterizzano il nostro modello di democrazia. Se per Ubs il primo passo sarà di capire cosa c’è di buono nelle macerie di Credit Suisse e cosa invece dovrà essere “svenduto” su qualche mercato, un futuro passo che Ubs dovrà fare, a beneficio del nostro Paese, è di ricreare una seconda banca svizzera e rivenderla sul mercato. È solo con la creazione di una seconda grande banca svizzera gestita da un management che sappia incarnare certi etici principi, che il sistema finanziario del nostro Paese potrà garantire al mondo della finanza internazionale la sicurezza del nostro Paese assicurando tutto quel know-how accumulato negli anni e sviluppando nuove e necessarie opportunità occupazionali.