Che cosa ci aspettiamo da parte del nuovo Consiglio federale? "Fermate l’orgia distruttiva", proclama Gutierrez alla Cop 15. "Firmate e fate ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa N. 172 del 4.11.1998, per la protezione dell’ambiente mediante il diritto penale" diciamo noi. Infatti, dopo il rifiuto del Consiglio federale, nel 1996, intervenne il letargo. Il parlamento svizzero non soltanto ritarda, ma, quel che è peggio, ancora non si vede nessun cambiamento. Raccomandiamo vivamente di introdurre una mozione tendente alla ratifica di questa importante Convenzione. Basta infatti un colpo d’occhio riguardo ai progressi importanti da parte dei Paesi confinanti, per dimostrare il ritardo del parlamento svizzero in questo settore. Infatti, parecchi Paesi hanno già messo in opera persino la Direttiva europea no. 2008/99/Ce riguardante la protezione dell’ambiente mediante il diritto penale. Per una volta di più si arrischia di rimanere un’isola non regolamentata, la cui esistenza viene tollerata sempre meno da parte dei nostri vicini.
Letargo anche riguardo alla mozione Barazzone (2015!), riguardo al rafforzamento della Legge federale sulla messa in circolazione delle specie protette della fauna e della flora, e ciò malgrado il rischio che la Svizzera diventi il crocevia del contrabbando. Il diritto penale non risolve problemi generali, ma ciò non giustifica il vuoto attuale. Manca ancora, nel nostro Codice Penale, il capitolo dei reati ambientali. Il relativo avamprogetto venne seppellito dal Consiglio federale nel 1996. Il Partito degli Affari, grazie alla sua permanente maggioranza assoluta a Berna, ha finora silurato la punibilità di quelle imprese che sono responsabili dell’"orgia distruttiva". Sappiamo che pene più gravi non sono efficaci, specialmente riguardo ai reati contro la vita o contro il patrimonio. Pene più gravi invece assicurano un effetto di prevenzione generale nei confronti delle persone che, nelle aziende, sono responsabili dei reati ambientali. Per questa ragione, la revisione totale del diritto penale dell’ambiente potrebbe permettere di ripensare tutto il sistema del diritto penale, in particolare grazie all’estensione di sanzioni diversificate e più adattate a settori attualmente sprovvisti di protezione sufficiente. In effetti, questo ritardo deplorevole rappresenta l’occasione per equipaggiarsi di nuovi strumenti a fianco della pena privativa della libertà oppure della pena finanziaria, sempre più insoddisfacenti.
Fra le sanzioni contro il riciclaggio, già qualche timida innovazione è stata sperimentata da parte di qualche Ministero pubblico. Ma è piuttosto il diritto comparato che rappresenta una fonte inesauribile di esempi. E pensare che la responsabilità penale delle imprese venne introdotta nel Codice Penale proprio a causa di un reato ambientale, l’inquinamento del Reno a Schweizerhalle. Ma è rimasta una tigre di carta, a parte qualche raro caso risolto dai Pubblici Ministeri con il rito abbreviato. Però, rilanciare il dibattito per la revisione di questa norma specifica (art. 102 Cp) darebbe soltanto l’occasione di ritardarla sine die. Piuttosto è preferibile rafforzare la responsabilità penale delle imprese nell’ambito del rinnovamento radicale del diritto penale dell’ambiente. È stato sperimentato che le sanzioni finanziarie toccano semmai gli interessi di azionisti delle grandi aziende, i quali, comunque, in questo settore non hanno nessuna voce in capitolo. Per contro, i responsabili nei Consigli di amministrazione e nelle direzioni generali possono comunque sempre continuare a incassare i loro bonus di fine anno, che non sono mai intaccati in caso di violazioni contro l’ambiente. Piuttosto, il concetto di "ordinanza creativa" (Creative Sentencing) offre ai Tribunali e ai Pubblici Ministeri una panoplia di misure molto più efficaci, come per esempio l’obbligo di sottoporre un’impresa colpevole a un controllo permanente, effettuato da parte di squadre di professionisti indipendenti, incaricate di verificare il rispetto delle norme ambientali da parte dell’impresa colpevole, che ne paga anche le spese. In Polizia, a fianco delle Brigate finanziarie, si attiveranno delle Brigate ambientali.
Il monumentale compito di rivitalizzazione del diritto penale svizzero per la protezione dell’ambiente dispone oggi di una nuova Bibbia, la cui consultazione è indispensabile: il volume intitolato "Droit pénal de l’environnement. Quelle consécration?" edito da Anne Christine Favre, Anne Christine Forrage e Loïc Parein. È ricco di 22 capitoli che coprono tutto il settore: nuove forme di infrazioni, misure speciali di procedura, nuove forme di utilizzazione degli averi patrimoniali confiscati ecc... Raccogliendo il risultato di numerosi convegni e conferenze di questi ultimi anni, condotti da parte del Centro di Studi sul diritto ambientale e per lo sviluppo del territorio dell’Università di Losanna, dietro parole come "eco-criminalità" ed "ecocidio" è finalmente disponibile per il legislatore, a livello federale come a livello cantonale, una vera miniera di soluzioni che attende soltanto di essere sfruttata. Si attendono, fra i suoi lettori e utilizzatori, anche tutti coloro che si sono recentemente precipitati a fustigare i giovani attivisti, evocando anch’essi, però per ragioni diverse, l’intervento del diritto penale.
Quello penale è uno strumento accessorio, ma comunque indispensabile per concretizzare e garantire il rispetto del diritto a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile, dichiarato come Diritto Umano dal Consiglio dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite, grazie a una storica risoluzione dell’ottobre 2021. Predica Gutierrez, Segretario Generale delle Nazioni Unite: "Il nostro appetito sconfinato per la crescita economica illimitata e disuguale, ha trasformato l’umanità in un’arma di distruzione", dopo che già alla Cop26, in Egitto, aveva ricordato che l’umanità si trova su una "autostrada per l’inferno climatico". Per assecondarlo, la Fondazione Diritti Umani prepara un Convegno dove associare ambientalisti e giuristi. Prima che sia troppo tardi.
*articolo pubblicato in francese sulla Tribune de Genève