laR+ I dibattiti

La versione di Orbán

Con un sistema dell’Onu azzoppato dai veti incrociati e inquinato dalle servitù della geopolitica, il dibattito più interessante, seppur incompiuto, sui diritti umani sembra essersi trasferito nell’Unione europea, fondata d’altronde proprio sui valori della democrazia e dello Stato di diritto. Dopo aver resistito al tentativo thatcheriano di trasformarla in un semplice "mezzo pratico attraverso il quale… assicurare la futura prosperità e sicurezza dei suoi popoli", l’allargamento ai Paesi dell’ex blocco sovietico ha infatti presto visto l’Ue confrontarsi con concezioni autocratiche della democrazia che non esitano a violare palesemente proprio questi valori.

Il sovranismo liberticida interpretato pienamente dal regime del primo ministro ungherese Viktor Orban, è così stato denunciato dal Parlamento europeo alcuni giorni fa come "un regime ibrido d’autocrazia elettorale… che non rispetta gli standard democratici".

A questo proposito, oltre all’appoggio riconfermato al putiniano Orbán da parte di leader politici d’estrema destra d’Europa occidentale, va sottolineata la linea di difesa piuttosto miope seguita dalla Commissione europea. Forte di quanto prevede il suo nuovo "Regolamento sulla condizionalità legata al rispetto dello Stato di diritto" affinché "il budget europeo sia sufficientemente protetto", la Commissione ha appena proposto al Consiglio europeo di sospendere all’Ungheria il versamento di 7,5 miliardi di euro, più di due terzi dei fondi annuali a essa destinati.

Quello che colpisce nel braccio di ferro instauratosi da mesi col regime di Budapest è che a quest’ultimo e ai suoi seguaci della destra sovranista europea, sia però per ora permesso d’interpretare i malumori di Bruxelles esclusivamente sotto l’aspetto economico, mettendo ancora una volta tra parentesi le gravi violazioni ai diritti democratici e della persona attuati nel Paese. Orbán, peraltro in gravi difficoltà finanziarie, si è così potuto limitare a impegnarsi oggi davanti alla Commissione a creare entro il prossimo 19 novembre una cosiddetta "Autorità per l’integrità" per combattere le frodi e ogni altra irregolarità avente un effetto pregiudizievole sull’uso dei fondi europei, come pure una task force e una strategia anticorruzione.

Di por fine al "rischio – ravvisato anche dalla maggioranza dei parlamentari europei – di violazione grave dei valori su cui si fonda l’Unione" da parte del regime ungherese, neppure l’ombra di una formale richiesta da Bruxelles. Sono passate così sotto silenzio, malgrado l’attuale rapporto di forza particolarmente favorevole all’Ue, proprio la messa in discussione da parte di Orbán del primato del diritto europeo e della giurisdizione della Corte di giustizia sulle leggi nazionali, come pure l’introduzione di norme che hanno messo fine all’indipendenza del potere giudiziario nel suo Paese nonché le violazioni dei diritti umani. L’autocrate di Budapest e i suoi emuli europei possono, per il momento, tirare un respiro di sollievo.