In Europa il settore audiovisivo fa riferimento a società e lingue diverse, forma identità, proietta valori ed è capace di creare un immaginario collettivo condiviso. La Svizzera sostiene selettivamente e su premesse di valore artistico e culturale la produzione cinematografica nazionale, ma essendo un Paese relativamente piccolo, plurilingue e multiculturale, il settore risulta poco omogeneo e diviso tra le singole regioni linguistiche. A causa di ciò esse sono inoltre maggiormente orientate ai Paesi limitrofi, non essendoci alcuna barriera linguistica che impedisca la facile esportazione di produzioni italiane, tedesche e francesi.
I costi del sottotitolaggio ed eventualmente del doppiaggio sono troppo gravosi per una pellicola concepita per un mercato interno, in particolare per quanto riguarda la Svizzera tedesca, dove il dialetto fa sì che essa non sia nemmeno facilmente esportabile all’estero. Pertanto, l’industria cinematografica elvetica non può esistere secondo una logica di puro mercato. Qui s’inserisce la legge sulla promozione culturale, che concerne il finanziamento del settore da parte della Confederazione. Per il periodo 2021-2024 il messaggio si concentra sulle sfide e le opportunità dovute alla trasformazione digitale.
L’evoluzione delle abitudini, che sono sempre più orientate verso un consumo digitale e hanno subito un’accelerazione notevole negli ultimi due anni a causa della pandemia, fanno sì che attualmente i più grandi produttori nel campo dell’audiovisivo a livello mondiale siano proprio i servizi di streaming. Tant’è che secondo l’Osservatorio europeo dell’audiovisivo, questi hanno guadagnato 11,6 miliardi di euro nel continente solamente nel 2020. Una cifra trenta volte superiore ai 10 anni precedenti.
Obbligando i servizi di streaming come Netflix, Disney +, Apple Tv e Amazon Prime ad investire il 4% del profitto realizzato in Svizzera in una vasta gamma di formati (film, documentari, animazione e serie tv) si promuove la diversità e la varietà dell’offerta della produzione cinematografica locale. Ciò corrisponde a quanto è già ora fissato sia per emittenti televisive pubbliche che private (sono esentati coloro che non raggiungono un fatturato annuale di 2,5 milioni e che non mostrano più di 12 film l’anno) mettendo sullo stesso piano tutti gli attori, indipendentemente dal modo in cui trasmettono contenuti audiovisivi.
Inoltre, inserendo la direttiva che prevede che il 30% del catalogo debba essere composto da produzioni europee, si soddisfa un requisito per partecipare nuovamente al programma di finanziamento culturale europeo Creative Europe (sospeso dopo la votazione dell’iniziativa sull’immigrazione di massa). Tale modifica crea pertanto le condizioni quadro per realizzare contenuti audiovisivi innovativi, rafforzando l’intero settore, creando posti di lavoro, commesse per le piccole e medie imprese e importanti ricadute economiche.
Per questi motivi v’invito a votare Sì il 15 maggio alla modifica della legge sul cinema.