Il fine settimana appena trascorso è stato segnato, fra le altre cose, da una scenetta cui siamo abbastanza adusi/e: la fila davanti a un rivenditore per accaparrarsi un oggetto di marketing (caratteristica comune di questi oggetti che raggiungono il grande pubblico e diventano status symbol è quello di essere anche un po’ bruttini, ma questo discorso, ovvero quello sulla caduta di gusto, meriterebbe una trattazione a parte). In questo caso si trattava di uno Swatch di cui ignoravo l’esistenza fino a quando non mi è apparsa la notizia delle code chilometriche sullo smartphone, il cosiddetto Moon Swatch, nato dalla collaborazione tra Swatch e Omega. "L’interpretazione Swatch della più grande icona Omega – cito da un sito – è un orologio disponibile in undici modelli ispirati allo spazio, che prendono il nome dai pianeti e le stelle". Ma qui viene il bello: se il modello originale costava una cifra improponibile per i più, quest’ultimo va attorno ai 250 franchi, un prezzo non bassissimo ma accessibile a molte persone, a costo di fare qualche piccolo sacrificio. La "Moon Swatch mania", scoppiata in tutte le capitali del mondo, da Milano a Londra, è approdata fin da noi, a Lugano, di fronte al negozio della Swatch in pieno centro. Dicevo sin da subito che questi siparietti ci sono noti, quindi cui prodest parlarne? Il fatto è che da un mese a questa parte siamo entrati in una guerra, che non è ancora, per quanto riguarda le nostre latitudini, e non sarà mai, auspichiamo, militare, ma è sicuramente già economica. Una guerra che ci riguarda e di cui possiamo toccare con mano le conseguenze anche qui, nel nostro piccolo Cantone che vorremmo separato da tutto il resto, protetto e illibato: i prezzi della benzina sono raddoppiati, ma soprattutto abbiamo visto persone disperate arrivare nelle nostre città, in cerca di un aiuto, persone che lasciano dietro i loro occhi le macerie, le stesse che portano dentro. Mi fa un po’ specie che davvero ci si metta in coda per un orologio che prende il nome da pianeti e stelle, ma forse tutto questo non è casuale. Abituati da anni a credere di essere al di fuori della storia, nella post-storia che vedeva la fine dell’epos e della tragedia, crediamo davvero che tutto non ci tocchi, non ci interessi. E quindi, a maggior ragione, per non rompere l’incantesimo, l’illusione, tutti in coda per un orologio, mentre intorno a noi le certezze crollano. La guerra, in fondo, si vede solo oltre lo schermo. Non ci tocca, non ci tocca. E così, "gli ultimi ad accorgersi dell’acqua furono i pesci".