A ottant’anni compiuti non sono pochi i sussulti della storia vissuti.
Della seconda guerra mondiale i ricordi sono vaghi: i soldati svizzero-tedeschi di guardia alla linea ferroviaria del Monte Ceneri, l’oscuramento serale delle finestre, un paio di volte un bengala che illuminava la montagna lanciato dagli aerei americani diretti a bombardare Milano, un atterraggio d’emergenza sul Piano di Magadino di un aereo militare, i bollini rosa del razionamento…
Più chiari i ricordi dell’invasione sovietica in Ungheria nel 1956, a soffocare il tentativo di democratizzazione (eliminando il governo e giustiziando il primo ministro Imre Nagy), quando al ginnasio di Locarno giunsero giovani rifugiati, in parte con le loro famiglie, integratesi poi molto bene.
Emozioni ben più forti nel 1968 con l’invasione della Cecoslovacchia da parte sovietica e il rovesciamento del governo democratico di Alexander Dubček, con grande fermento nell’ambiente del Politecnico e dell’Università a Zurigo.
Poi, dopo le coraggiose lotte del sindacato Solidarnosc in Polonia, finalmente il 1989, con la rapida e inaspettata caduta del muro di Berlino e il susseguirsi dei movimenti liberatori che hanno coinvolto Cecoslovacchia, Polonia e Ungheria.
Cinque anni prima avevo combinato una visita in Germania per il Consiglio di Stato. A Berlino abbiamo incontrato il Cancelliere Helmut Kohl, a Bonn il Presidente del Bundestag Rainer Barzel: con entrambi, una parte significativa della conversazione toccava il tema della riunificazione tedesca, considerata un obiettivo irrinunciabile… a lunga scadenza.
Dopo la caduta del muro di Berlino ricordo un pomeriggio a Strasburgo, durante una sessione del Consiglio d’Europa, quando tutti i colleghi tedeschi sono partiti in gran fretta per Bonn per partecipare a una seduta straordinaria del Bundestag, dove avrebbero sancito la riunificazione tedesca.
I rivolgimenti politici in questi paesi sono descritti in modo coinvolgente dall’inglese Timothy Garton Ash, che li ha vissuti sul territorio*. In molti hanno arrischiato o perso la vita in questa lotta per ritrovare la libertà dei loro Paesi dopo quasi cinquant’anni di regime sovietico.
A questo punto qualcuno potrebbe pensare che basta avere pazienza e prima o poi la libertà si riconquista, perché fa parte di un’esigenza insopprimibile della dignità umana… ma i promotori della Primavera di Praga hanno dovuto aspettare 21 anni, quelli di Budapest 33 anni, i Berlinesi dell’est 45 anni!
Inoltre le vicende degli ultimi decenni mostrano che la libertà riconquistata bisogna attentamente preservarla. Proprio l’autore della "Lanterna Magica" (non so se è tradotta in italiano), nell’edizione del 2019 aggiunge un nuovo capitolo in cui esamina la situazione a trent’anni di distanza dagli eventi citati, constatando con preoccupazione che la democrazia è in difficoltà in alcuni dei Paesi descritti, ribadendo la lezione indicata precedentemente.
Venendo all’Ucraina è difficile intravvedere una soluzione diversa da quella ungherese o cecoslovacca descritta in entrata, almeno a breve termine. Comunque ne esce un Paese largamente distrutto, anche se il coraggio del suo governo e dei suoi cittadini hanno impressionato tutto il mondo civile.
Rimane la speranza che le sanzioni senza precedenti adottate dall’Occidente possano contribuire a ridurre i tempi per un ripristino della sovranità e della democrazia, sempre che gli eventi rimangano circoscritti ai territori attualmente toccati. Unica alternativa migliore ipotizzabile è la rimozione di Putin e della sua cerchia da parte della Russia stessa.
*Timothy Garton Ash, The Magic Lantern, The Revolution of ’89 Witnessed in Warsaw, Budapest, Berlin and Prague, Ed. Atlantic Books, 2019