È la Storia che deve impedire l’oblio o, peggio ancora, un futuro che ripeta il passato. Ma la storia è marginalizzata
È passato un mese dal 27 gennaio, giorno della Memoria. E Dopo? La questione la pone Liliana Segre: ci dice che è importante commemorare e condannare, ma poi è dal giorno dopo che bisogna darsi da fare. Mi guardo attorno e capisco. I nostri padri, dopo le atrocità nazifasciste, hanno ripetuto "mai più" e ci hanno consegnato una carta dei diritti: "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza". Purtroppo sono in tanti a non condividere. Quella che scorgo è la mortificazione di questi principi: stiamo andando dalla parte sbagliata e anche la politica dà cattivi esempi. Ciò che alcuni decenni or sono era considerato inaccettabile oggi rientra nella normalità. I crimini di odio dilagano: frontiere e muri ritornano a essere ingredienti della politica, i delitti identitari sdoganano discriminazioni di ogni genere, la distinzione fra razze umane – quelle sopra e quelle sotto – ha nuovi adepti. Nelle piazze si adunano gli sfasati che anticipano il futuro radioso con la svastica e la mano tesa; sulle strade sfilano (o sfilavano, si spera) i dissestati mentali che esibiscono la stella di Davide per segnalare ai cittadini distratti che è in corso una nuova Shoah; e non mancano gli imbecilli (loro si dicono "patrioti") che ritengono che i diritti non siano universali: valgono per noi ma non per tutti ed è bene tener fuori gli inopportuni. Invocano, questi soggetti, "la nuova libertà" e aspettano con ansia il demiurgo che farà trionfare la democrazia vera, quella senza le credenziali liberali.
L’ignoranza e la perdita di memoria collettiva stanno devastando tante menti. Ieri erano pochi, ma oggi sono molti coloro che ritengono la Shoah un’invenzione: quasi un quinto degli italiani. Il famoso "Fratelli tutti" di Francesco si sta infrangendo contro il male che corrode le nostre coscienze.
A ben guardare, non sono tre scemi in fila a contaminare il nostro tempo: il male vero è l’indifferenza diffusa. Ancora Liliana Segre: "Se pensi che una cosa non ti riguardi e ti volti dall’altra parte è lì che inizia l’orrore". La riprova è lì, da vedere: nel Mediterraneo affogano i migranti, alle frontiere i migranti muoiono di freddo; sono in corso persecuzioni e genocidi, i conflitti sconvolgono mezzo mondo e qualche volta noi abbiamo le mani in pasta. Certamente non manchiamo, noi occidentali, di manifestare il nostro sdegno di fronte a simili eventi, ma dura poco. Poi lo sdegno si consuma e si passa ad altro. Qualcuno ha dichiarato, con buone ragioni, che la politica è "priva di sentimenti umani". È paradossale perché il bene dei cittadini dovrebbe essere il soggetto della politica: qualche volta succede, ma troppo spesso il cittadino da fine della politica diventa strumento, oggetto di baratto: prevalgono il prestigio, l’interesse economico e finanziario, un malinteso interesse nazionale, le strategie di potere e così via. Solidarietà, sentimenti, universalità dei diritti hanno spazio esiguo nella pratica quotidiana.
Gli psicologi sociali ci avvertono che l’indifferenza è il prodotto di un processo di "deumanizzazione" dell’altro, spogliato di anima e sentimenti, oltre che di diritti. La "deumanizzazione" fa della persona un oggetto, un numero, un dato statistico e consente di compiere azioni inaccettabili in un contesto normale: delegittima l’altro e legittima la violenza. Ci consente di respingere uomini, donne e bambini, di smembrare intere famiglie, di elencare contingenti ammessi e rifiutati. Un politico in circolazione: la legge è la legge e bando al consueto "sensazionalismo dei sentimenti". La deumanizzazione insomma è l’anestetico delle nostre coscienze.
La giornata della Memoria è pura ipocrisia quando è il rito di un giorno: si apre, si chiude, poi si va avanti come prima, addirittura peggio di prima. Se questo accade, è perché il giorno della Memoria cela un errore che non abbiamo saputo o voluto evitare, la "monumentalizzazione" della Shoah: elevata a male assoluto, fuori dalla storia, monumento orrendo che non appartiene alle vicende umane, tanto assurdo da apparire inverosimile e irripetibile. Non è proprio così. Ce lo aveva già detto Hannah Arendt: ci sono gli psicopatici ma a eseguire i massacri erano uomini comuni che, accecati dal principio di obbedienza, sparavano nel mucchio: erano loro, gli uomini comuni, i volonterosi carnefici di Hitler. Oggi i testimoni dei drammi passati muoiono e scompaiono e la "memoria vivente" si estingue. È la Storia che deve impedire l’oblìo o, peggio ancora, un futuro che ripeta il passato. Ma la storia è marginalizzata, non gode di buona salute, ed è una pessima notizia. Infatti una democrazia liberale senza coscienza e conoscenza storica è destinata a perire se dimentica le ragioni delle sue origini: il rispetto e la dignità di ogni essere umano. Troppo pessimista? Recentemente il Consiglio federale si è espresso contro la repressione penale per chi esibisce i simboli nazisti negli spazi pubblici: meglio la prevenzione, ha detto. Quindi: se non riesco a prevenire questi stupri alla dignità di tutte le persone, pazienza!