Anno nuovo, politica vecchia. Purtroppo è quanto sta succedendo. Qualche tempo fa, su questo giornale (2.9.2021), sotto il titolo “Lo sgretolamento dello Stato” avevo ricordato alcuni esempi in cui le forze liberiste hanno tentato, purtroppo qualche volta con successo, di limitare il ruolo dello Stato in campo sociale, sanitario, energetico, per favorire gli interessi di gruppi economici e finanziari. Negli ultimi tempi questa politica sta continuando, sia a livello federale, sia a quello cantonale, sotto un’altra forma, ma altrettanto nefasta per la maggioranza dei cittadini. Vediamo cosa sta succedendo.
Il 13 febbraio 2022 i cittadini svizzeri saranno chiamati a votare sulla soppressione della tassa di bollo. Si tratta di una tassa sull’emissione di obbligazioni e azioni, pari all’1% (uno per cento). Essa colpisce prevalentemente i grandi gruppi finanziari. Per la Confederazione si tratta di una perdita di 250 milioni di franchi. Si vota perché sindacati e forze progressiste hanno lanciato un referendum abrogativo.
Il 6 dicembre 2021 le Camere federali hanno deciso di sopprimere l’imposta preventiva del 35% sull’emissione delle obbligazioni, malgrado il parere contrario del Consiglio federale. Anche in questo caso si tratta di un regalo ai gruppi finanziari di 450 milioni di franchi all’anno. La legge, se entrasse in vigore, avrebbe addirittura un effetto retroattivo. Le persone fisiche dovrebbero invece continuare a pagare l’imposta preventiva sugli interessi maturati sul loro conto di risparmio. Contro questa decisione è stato lanciato un referendum ed è ancora in corso la raccolta delle firme.
A livello cantonale, come è noto, in dicembre sono state consegnate le firme per il referendum contro la legge che fissa il limite di spesa. Questa legge, voluta da una risicata maggioranza del parlamento, se i cittadini la dovessero accettare potrebbe limitare gli interventi dello Stato ad esempio nella scuola, sanità, socialità, sviluppo economico. Essa impedirebbe anche allo Stato d’intervenire per sostenere i settori toccati duramente dalla pandemia. Si voterà in primavera.
Il 27 luglio 2021, il partito liberale ha presentato una mozione per ridurre del 20% le imposte ai detentori di alti redditi. Si tratta di un ulteriore regalo a chi non ne ha bisogno.
Tutto ciò significa che le potenti lobby economiche e finanziarie, attraverso le forze politiche di centro e di destra, malgrado i lauti utili realizzati negli ultimi decenni, hanno deciso di aumentare ulteriormente i loro guadagni. Le motivazioni tecniche invocate a sostegno delle diverse proposte non trovano quasi mai riscontro nella realtà. Per esempio, come si potrebbe credere che i guadagni supplementari di uno speculatore sarebbero investiti per creare posti di lavoro? In realtà queste proposte sottraggono preziose risorse allo Stato, proprio nel momento in cui la società sta soffrendo per l’elevato livello delle spese inderogabili, quali quelle relative alle casse malati e agli affitti. Anche il mondo del lavoro, da tanto tempo caratterizzato da precarietà, insicurezza, bassi salari, sotto-occupazione avrebbe bisogno di maggiore attenzione. Da parte sua, il servizio pubblico, da anni sottoposto a cure dimagranti, spesso non è più in grado di svolgere adeguatamente la sua funzione di riduzione delle ineguaglianze, di solidarietà, di ridistribuzione delle risorse, di sicurezza sociale.
Ridurre le entrate fiscali e limitare gli interventi dello Stato significa quindi accrescere la divisione della società tra pochi ricchi, sempre più ricchi, e molti studenti, salariati e pensionati in difficoltà. Nel momento in cui gli esperti affermano che sarebbe opportuno un robusto intervento dello Stato, queste scelte denotano nei loro fautori un disinteresse per il bene comune, una notevole avidità e perfino un po’ di cinismo.