Molte discussioni sono nate attorno agli obblighi vaccinali e i contratti di lavoro. Alcune grosse aziende hanno imposto ai propri dipendenti l’obbligo di vaccinazione a salvaguardia della salute dei collaboratori e degli utenti oppure hanno condizionato le nuove assunzioni al vaccino.
A livello sportivo notoriamente vigono delle regole specifiche legate a tutte le implicazioni connesse con l’organizzazione e la regolarità delle competizioni.
Rammentando che la competenza di legiferare è della Confederazione, le federazioni e i club non possono imporre misure più restrittive per i giocatori già sotto contratto. In altre parole, non si può imporre il vaccino ma si può però imporre il tampone ogni 48 o 72 ore.
Nell’imminenza dell’inizio dei campionati la Lega calcio e la Lega hockey hanno imposto il certificato Covid a tutti gli spettatori, ai giocatori, ai funzionari, agli ausiliari, non solo in occasione delle partite ma anche di ogni seduta di allenamento. Un organo federativo può introdurre delle restrizioni sulla base delle norme di diritto associativo solo nella misura in cui queste norme non ledono i diritti della personalità dei club e dei giocatori.
Una lesione dei diritti della personalità potrebbe essere giustificata da un interesse preponderante pubblico o privato, oppure dalla legge.
Ciò non è il caso in Svizzera visto che il diritto superiore (il diritto federale) non ha mai imposto la vaccinazione obbligatoria ma solo il Pass-Covid o un tampone negativo per accedere a determinate aree (ristoranti e stadi in particolare).
Come in molti casi, va sempre effettuata una ponderazione degli interessi in gioco che nel caso dello sport competitivo ruota attorno alla garanzia della regolarità della competizione sportiva e all’interesse pubblico legato alla salute dei protagonisti (giocatori, staff, arbitri ecc.). Nell’ambito dei rapporti lavorativi, al momento della negoziazione di un nuovo contratto il club potrebbe condizionare la firma del contratto di un giocatore alla vaccinazione. Questo fa parte della libertà contrattuale e non sarebbe discriminatorio.
Nei rapporti giocatore/club come in tutti i contratti di lavoro ordinari, il giocatore ha degli obblighi di fedeltà al datore di lavoro, di prestazione, di comportamento e di preservare la salute. In questo senso i club e i giocatori devono rispettare le indicazioni generali delle autorità e le relative restrizioni. Tra questi elementi rientrano la limitazione del numero di persone a un determinato evento, l’obbligo o meno di portare la mascherina, di tenere determinate distanze, di osservare le norme igieniche.
In questo senso l’obbligo di regolare test non rappresenta un’ingerenza eccessiva nel diritto della personalità dell’individuo se effettuato nel solco delle indicazioni emanate dalla Confederazione.
Tenuto conto che negli sport di contatto determinate norme comportamentali non possono essere rispettate (distanza, mascherina, homeoffice), appare sensato l’obbligo di vaccinazione sia per garantire la salute dei protagonisti, sia per garantire il regolare svolgimento della competizione intesa come campionato nella sua globalità, visto soprattutto che è ormai da dare per assodato che la vaccinazione riduce sensibilmente il rischio di contagio. Questa misura non è da considerare eccessiva. Idem per la cosiddetta “bolla” o “doppia bolla” adottata in una determinata fase di alcuni campionati, a patto che ciò avvenga per un tempo determinato, quale misura atta a garantire la regolarità del campionato (specialmente nei turni finali o in un torneo di durata determinata), il rispetto dei contratti televisivi, dei contratti di sponsorizzazione e in una certa misura anche dei contratti conclusi con chi ha acquistato un abbonamento allo stadio.
Inoltre, gli organi di un club sono responsabili civilmente e penalmente nel caso in cui, in situazione di pandemia acuta, vengano infettati compagni di squadra, membri dello staff, avversari o arbitro da propri giocatori a seguito della mancata adozione di misure atte a prevenire il contagio. Quindi il club può comunque imporre il test ai giocatori non vaccinati, a loro spese.
Quali sono gli effetti sul contratto di lavoro tra il club e l’atleta? Lo scioglimento di un contratto di lavoro per una manchevolezza a livello di mancata vaccinazione potrebbe avere poco senso nella misura in cui si è in presenza di contratti per tempo determinato e il club non potrebbe far valere un’indennità per scioglimento anticipato.
Un giocatore che rifiuta di vaccinarsi, di sottoporsi al test, di rispettare l’obbligo di quarantena, di rispettare la “bolla” o la “doppia bolla” può venir sospeso dal club per colpa propria e a quel punto il giocatore non avrebbe diritto a percepire lo stipendio. Qualora le manchevolezze del giocatore fossero gravi al punto tale da rappresentare una grave violazione del contratto di lavoro per mancato rispetto delle norme Covid che lo portano a infettare altri membri della squadra o dello staff, allora sarebbe ipotizzabile un licenziamento in tronco.