Il sistema dei corsi attitudinali e corsi di base (idem: livelli 1 e livelli 2) è ritenuto giustamente inadeguato dal Decs perché “poco equo, crea pressioni molto forti sulle famiglie, sui docenti e sugli istituti". Ma qualsivoglia riforma che si intende apportare all’attuale modello di scuola media deve rispettare la volontà del legislatore, che agli artt. 7 della Legge sulla scuola media e 58 della Legge della scuola richiedono la necessità di “valutare le capacità” degli allievi e considerare le loro "caratteristiche individuali”.
Tre sono le possibilità di porre le mani al secondo biennio della scuola media: considerare come dato di fatto le differenze di intelligenza logico-matematica degli allievi (misurabili con il famigerato QI), e separare di conseguenza gli allievi più dotati da quelli meno dotati già a partire dalla classe prima.
Una seconda opzione è quella seguita dal Decs, secondo cui compito dell’intero ciclo di scuola media è quello di portare avanti il più possibile le strategie tendenti a ridurre o ad annullare possibili discriminazioni derivanti dalle condizioni socio-economiche delle famiglie degli allievi. Un percorso, questo, che potremmo definire di inclusione totale per ben nove anni di scolarità obbligatoria.
Una terza opzione, che caldeggio, potrebbe essere quella che si basa sull’esistenza, dopo sette anni di scolarità, di forme di intelligenza e di motivazione diverse fra gli allievi. Differenze che sono determinanti per lo sviluppo dei giovani e per le scelte ulteriori di formazione. La letteratura, a questo riguardo, è molto ricca. I riferimenti d’obbligo sono gli studi del neurologo statunitense Howard Gardner, professore alla Harvard University del Massachusetts, che già nel 1983 ha individuato diverse abilità intellettive, definite “intelligenze multiple”, quali: l’intelligenza logico-matematica, importante per programmatori, contabili, scienziati; l’intelligenza verbale-linguistica, importante per avvocati, giornalisti, insegnanti; l’intelligenza corporeo-cinestetica, importante per chirurghi, artigiani, atleti; l’intelligenza spaziale-visiva, importante per architetti, piloti, pittori; l’intelligenza interpersonale, importante per politici, responsabili di vendita, psicologi; l’intelligenza intrapersonale, importante per scienziati, scrittori; l’intelligenza naturalistica, importante per la biologia e le scienze; l’intelligenza musicale, importante per compositori e musicisti.
Tenendo presenti questi studi, diventa assai difficile giustificare un modello unico o privilegiato di sapere da propinare agli allievi, i quali, almeno nel secondo biennio devono potersi confrontare con contenuti e metodologie diversificate, essere coinvolti anche emotivamente nelle loro abilità. Per le varie discipline esistono, al loro interno, svariate possibilità di declinare contenuti anche diversi, purché si abbia in chiaro la necessità di mantenere un livello adeguato di qualità. Accanto a un tronco comune di contenuti svolti con tutti gli allievi, è auspicabile (e anche doveroso) offrire loro la possibilità di cimentarsi con contenuti diversi della stessa materia, differenziati secondo i criteri funzionali dell’approfondimento disciplinare o dell’applicazione disciplinare. Tale diversificazione opzionale non dev’essere effettuata secondo un criterio di minore/maggiore importanza o di più difficile/meno difficile, ma deve avere la stessa dignità e qualità anche nei processi valutativi. Essa può benissimo essere effettuata almeno per le discipline di italiano, matematica e tedesco in lezioni a effettivi ridotti.
Anche le attuali norme di accesso al Medio superiore vanno riviste perché troppo farraginose e poco produttive ai fini di un inserimento graduale nella scolarità successiva. Per quale ragione bisogna ostinarsi a credere che per l’accesso al Medio superiore o a certe scuole professionali siano da considerare prioritariamente (e anche esclusivamente) le competenze logico-matematiche?
La scuola dell’obbligo ha fra i suoi obiettivi principali, quello di attestare un profilo generale dell’allievo, ovvero una determinata predisposizione a intraprendere degli studi preaccademici o un percorso professionale. La qual cosa può essere attestata nelle varie materie e in ognuna delle opzioni seguite dall’allievo, mediante una media dei risultati acquisiti. In tal modo la diversificazione curricolare parziale nel secondo biennio, se di qualità, è da considerare un fatto positivo perché cerca di interpretare senza pregiudizi le differenze di motivazione, di interessi e anche le varie forme di intelligenze degli allievi.
La sola condizione è che non sia discriminante ai fini della scelta della scolarità successiva.