Nel menu delle prossime votazioni popolari federali figura l’accordo di libero scambio fra Svizzera e Indonesia. Quest’ultimo rappresenterebbe una boccata d’ossigeno per le nostre imprese esportatrici, soprattutto considerato il periodo di crisi che stiamo attraversando. Inoltre, sarebbe un grande passo in avanti per un commercio più sostenibile. Il mercato indonesiano, con ben 267 milioni di abitanti, è una grande opportunità per le nostre imprese che potranno continuare ad intrattenere o iniziare nuove relazioni commerciali a condizioni più favorevoli. I vantaggi che deriveranno dall’accordo in votazione sono trasversali a tutti i settori della nostra economia.
Tuttavia, queste buone premesse sono state temporaneamente rimandate a causa del referendum. La principale critica che viene mossa all’accordo con l’Indonesia, è legata all’olio di palma e alla sua coltivazione, nonché su una possibile concorrenza sleale che questo giocherebbe nei confronti dei nostri oli locali. La problematica sollevata è sicuramente degna di riflessione. Infatti, quello che però i referendisti omettono di dire, è che l’accordo prevede, per la prima volta in accordi di libero scambio di questo tipo, disposizioni vincolanti in materia di sostenibilità. Questi migliorano e incentivano non solo un modello di agricoltura più sostenibile ma permette anche a milioni di persone di migliorare il proprio benessere e uscire dalla povertà. Con questo accordo, soltanto la produzione sostenibile, ovviamente certificata, potrà godere delle tariffe preferenziali stabilite. Insomma, in questo modo si incentiva una produzione sostenibile a scapito di tutte le coltivazioni che non rispettano gli standard internazionali. Che guarda caso è proprio il contrario rispetto a quanto temuto dai referendisti.
Gli accordi di libero scambio, questo non fa eccezione, vengono accusati generalmente di causare un consumo eccessivo e inutile, dei circuiti di produzione troppo lunghi e la creazione di grande produzione di rifiuti, oltre che enormi danni ambientali. Ma il commercio a livello mondiale è veramente così dannoso? In questo contesto vanno ricordate due cose. In primo luogo, sono secoli ormai che il commercio con l’Asia è in continua evoluzione. Basti ricordare le avventure di Marco Polo sulla famosa via della seta, che ha fatto conoscere all’occidente dei prodotti sconosciuti all’epoca e tracciato l’inizio della globalizzazione. La seconda è il fatto che al giorno d’oggi nessun paese è in grado di sopravvivere in completa autarchia. Ad esempio, la Svizzera è costretta ad importare beni dall’estero perché spesso non è in grado di produrli. Appurato quindi che il commercio globale è un fattore imprescindibile per qualsiasi paese al mondo, gli accordi di libero scambio rappresentano al giorno d’oggi per la Svizzera la migliore soluzione per reagire alle tendenze protezionistiche degli ultimi anni e per assicurare al nostro paese delle migliori chance di successo, specialmente in periodi di crisi. L’apertura a nuovi mercati è uno dei fattori essenziali per il rilancio della nostra economia, colpita duramente dagli effetti catastrofici causati dalla pandemia dovuta al coronavirus.
Per tutte queste ragioni, il prossimo 7 marzo un SÌ all’accordo di libero scambio fra Svizzera e Indonesia è quindi doveroso per fare un passo in avanti e rivolgere lo sguardo verso un futuro più sostenibile.