I dibattiti

Rete Due, il fragoroso silenzio della politica

Due mesi dopo la petizione, tra i politici della Svizzera italiana culla di scrittori, poeti, gente di musica, cinema e scuole prestigiose, non si salva nessuno

Salviamo la Rete Due (Ti-Press)
11 febbraio 2021
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Sono passati due mesi dal lancio della petizione “Salviamo la Rete Due della Rsi” e in difesa della radio culturale lineare – la Rete Due, appunto – sono scesi in campo molte/i intellettuali scrivendo articoli di denuncia, di critica sullo scellerato, a dir poco, Progetto Lyra e di analisi sul valore delle reti lineari culturali svizzere di servizio pubblico. Purtroppo Espace 2 della Rts è già diventato un contenitore musicale, mentre nella Svizzera tedesca (Srf) e in quella italiana (Rsi) ci si muove a passi da gigante per realizzare i juke box della musica, tanto per scimmiottare Swiss classic, pop, jazz. Forse non vi ricordate che il direttore Canetta aveva detto che sul Progetto Lyra si sarebbero organizzati dei gruppi di lavoro aperti agli esterni!

Nella Svizzera italiana, non so se ci avete fatto caso, non per colpa della pandemia che ha svuotato le strade, e non solo quelle, si sente un fragoroso silenzio sulla sorte di Rete Due della Rsi. È il silenzio della politica, non con la P maiuscola. In tanti ci chiediamo come mai il tema dello svuotamento culturale della Rete Due non abbia ancora spinto nessun partito politico a farsi sentire (a parte l’interpellanza di Marina Carobbio al Consiglio Federale). È vero che in Ticino la maggioranza della popolazione condivide le idee sovraniste e populiste della Lega dei Ticinesi (basterebbe sfogliare il Mattino della domenica per capirne il livello) e dell’Udc che della cultura, nel significato più ampio del termine, se ne fanno un baffo. Oltre tutto continuano a sostenere, e non sono gli unici, che la Rsi sia ‘rossa’, in mano alla sinistra, ma di rosso alla Rsi c’è solo lo sfondo del logo.

Il partito liberale (non aggiungo radicale, perché non lo è più da tempo) dorme beatamente sugli allori di un tempo in attesa che al suo interno le bocce si fermino da qualche parte. Non parliamo del Ppd, presenzialista, spesso a sproposito, solo per rivendicare le stesse misure prese a suo tempo nei confronti del suo presidente. Se una commissione d’inchiesta è necessaria la si attivi, ma non si deve passare sotto silenzio le altrettanto gravi e inopportune decisioni sul futuro prossimo della cultura alla Rsi, i licenziamenti o gli spostamenti inadeguati (mobbing?) di giornaliste e giornalisti, e non solo, di grande esperienza e professionalità a vantaggio di giovani laureati in comunicazione, che non comunicano. Sta già succedendo nella Svizzera tedesca. Anche il Partito socialista ticinese non brilla per presenza nel dibattito sulla sorte della Rete Due (è comunque l’unico partito ad aver fatto un atto politico importante, di cui però non si hanno ancora i risultati).

Non voglio lasciare fuori nessun partito, perché il silenzio è sempre più ‘fragoroso’. Se pensiamo che la Svizzera italiana è stata culla, rifugio, casa, e per fortuna lo è ancora, di scrittori, poeti, compositori, musicisti, registi e attori di teatro e di cinema, senza tralasciare le sedi di scuole prestigiose (Usi, Conservatorio ecc.) – non dimentichiamoci che un’ottantina di anni fa il Ticino era un cantone povero e i ticinesi dovevano emigrare a cercare lavoro (adesso si grida “prima i nostri”) –, è grazie anche a Radio Monteceneri, che è stata il motore che ha favorito l’arricchimento culturale della popolazione svizzero-italiana. La radio ha portato in casa nostra informazioni, cultura, intrattenimento e formazione (c’era anche la radio-scuola).

La memoria è corta e per allungarla, da più parti ci vengono proposti gli Archivi della memoria – ben vengano! – perché ci si accorge continuamente che del nostro passato prossimo i più giovani non sanno nulla. Ma anche la cultura del presente è orfana di gran parte della gioventù svizzero-italiana e se non si procederà in senso contrario al palinsesto del Progetto Lyra credo proprio che l’appartenenza a una minoranza linguistica, lo spirito comunitario, l’approfondimento culturale – fondamento di una società sana – finiranno sullo schermo di un telefonino: “Lockdown”, scusate! Volevo scrivere: “Confinamento.”.