I dibattiti

Procuratori pubblici, come svuotare il mare col cucchiaio

'Una seria analisi sul carico di lavoro dei singoli Pp permetterà di trovare le giuste soluzioni con un massiccio aumento del numero dei Magistrati'

Luca Maghetti
27 novembre 2020
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Quanto preconizzano taluni e cioè che la politica si prenda un anno per vagliare riforme urgenti circa l’organizzazione e, aggiungo io, la dotazione personale del Ministero pubblico, appare attualmente come l’unica via d’uscita per evitare votazioni come minimo imbarazzanti, se non drammatiche.

In effetti vedo male che la Commissione giustizia e diritti del Gran Consiglio abbia il coraggio politico, malgrado vi siano tutti gli elementi (in primis la violazione di diritti fondamentali da parte del Consiglio della magistratura – sic! –), per dipartirsi da un preavviso tanto negativo e tranciante nei confronti dei cinque Magistrati uscenti. Trovata quindi una soluzione condivisa dal Parlamento per prolungare, eccezionalmente, di un anno la durata del mandato dei Procuratori pubblici in carica, come già rilevato non in contrasto con la Costituzione – che parte dal principio, logico, dell’indipendenza del magistrato la quale è tanto più garantita quanto più dura il suo mandato – si dovrà stabilire con urgenza una tabella di marcia sulle riforme istituzionali da mettere in atto, con la massima sollecitudine, affinché il Ministero pubblico possa riprendere la sua necessaria autorevolezza.

Per garantire il suo adeguato funzionamento si dovrà innanzitutto valutare, anche con confronti intercantonali, la dotazione numerica del Ministero pubblico, evidentemente in sofferenza di sottodotazione. Non c’è chi non veda, in effetti, come le criticità sollevate a carico di taluni Magistrati, a suo tempo preavvisati favorevolmente anche da parte della Commissione di esperti, sia da ricondurre, perlomeno in gran parte, al cronico, ed aggiungo, malato sovraccarico di lavoro. Pensiamo alle urgenze di picchetto con le importanti necessità formali degli arresti, alla conduzione di inchieste mediante lunghi interrogatori, alla presa di decisioni di abbandono o di rinvio a giudizio, alle migliaia di decreti di accusa, ma anche alla preparazione e partecipazione a processi che, a volte, si protraggono su più giorni. In aggiunta, ed in contemporanea con gli altri lavori appena descritti, vi sono i cosiddetti vecchi incarti, vale a dire procedimenti iniziati e poi interrotti per altre priorità più impellenti; al riguardo emblematica fu la stagione della canapa, che, rapidamente, giunse a formare una massa indicibile di lavoro, ciò che causò parecchi ritardi nella celebrazione dei relativi processi, nei quali venne spesso constatata, a giusta ragione, la violazione del principio di celerità.

Resto quindi persuaso che una seria analisi sul carico di lavoro dei singoli Pp permetterà di trovare le giuste soluzioni con un massiccio aumento del numero dei Magistrati e, di converso, una corrispondente drastica diminuzione delle criticità rilevate, pare soprattutto dal Presidente del Tribunale penale cantonale, invero talvolta in modalità più che discutibili, e fatte proprie dal Consiglio della magistratura. Solo in un secondo tempo si potranno implementare modalità di organizzazione e controllo del lavoro dei singoli Magistrati da parte della dirigenza del Ministero pubblico. Il tutto tuttavia non dimenticando che l’indipendenza del Magistrato pone dei limiti al controllo della sua attività. Del resto in taluni cantoni, come Zurigo, i Magistrati inquirenti sono de facto dei funzionari, i quali hanno quindi dei doveri di subordinazione verso i dirigenti eletti dal Parlamento, ma anche delle tutele dal profilo personale. È quindi urgente si compia questo passo coraggioso, l’unico che ci permetta di intravedere una vera via d’uscita a questa grave crisi istituzionale.