Virus e famiglie

Famiglie monoparentali in emergenza Coronavirus

Esercizio del diritto di visita: il buon senso dovrebbe farla da padrone, ma sovente non riesce a emergere.

Con l’avvicinarsi del periodo delle vacanze pasquali, un nuovo problema affiorerà e toccherà diverse famiglie monoparentali. È il tema dell’esercizio dei diritti di visita da parte del genitore non affidatario durante l’emergenza sanitaria. Direttive specifiche ufficiali sulla procedura da seguire non ne esistono e a complicare la situazione di crisi vi sono le varie diatribe e conflitti, più o meno marcati e longevi, tra i genitori. L’emergenza tende a ledere i rapporti e anche questo ambito segue purtroppo la tendenza. I conflitti si esasperano. In gran parte dei casi e a farne le spese sono i figli, ai quali si potrebbe aggiungere loro un ulteriore tassello alla propria segregazione. Pur non facendo parte della categoria di persone particolarmente colpite, sono attualmente costretti a vivere isolati tra le mura domestiche, senza contatti tra compagni e amici e senza potere rendersi partecipi a quel senso unitario di appartenenza che è la scuola e le varie attività extrascolastiche di gruppo. Far mancare a dei piccoli o a dei ragazzi, ancora in crescita e in evoluzione, l’assenza di un contatto fisico, di un abbraccio da un proprio genitore, è assai deleterio, provante e va tenuto ben presente come danno collaterale generato dalla pandemia.

Le autorità regionali di protezione sotto pressione

Le autorità competenti per questo genere di decisioni sono, nella maggior parte dei casi, le Autorità Regionali di Protezione (ARP), già oberate da sempre d’incarti; le quali hanno il compito di tutelare il bene dei minori, tuttavia, in questo delicato momento, senza basi legali su cui fondare le proprie decisioni, che risultano pertanto aleatorie. L’esercizio di questo diritto di relazione, che la maggior parte delle coppie separate o divorziate ha già regolamentato, è reso difficoltoso dal fatto che risulta spesso essere in contrapposizione con le raccomandazioni e indicazioni sancite dal medico cantonale e dallo Stato Maggiore di Condotta, che evidenziano come i contatti devono restare esclusivi e limitatati al nucleo familiare in cui si vive ed ogni tipo di interscambio deve essere evitato per contenere la propagazione del virus. Come fare ad integrare in questo ambito, ad esempio, un padre (nel 85% dei casi è proprio il papà, la figura a non avere l’affidamento) che vive altrove e vuole esercitare il proprio diritto di visita? Il buon senso dovrebbe farla da padrone, ma sovente non riesce a emergere.

Il bene principale da tutelare

Il bene principale da tutelare è la salute del genitore affidatario, il quale non deve correre rischi, in quanto oltre a proteggere se stesso, deve prendersi cura della prole. Pertanto se il genitore affidatario rientra nella categoria delle persone vulnerabili, la priorità va data a questo aspetto per limitare al minimo i rischi di contagio. Un'altra condizione che accentua il pericolo, è quella in cui il genitore, che deve esercitare il proprio diritto di visita, lavora, è in stretto contatto con persone o abita con altri individui, attivi in prima linea nella lotta al contro il Covid-19. Va inoltre aggiunto che in alcuni casi, i genitori non affidatari vivono fuori cantone o in un altro stato e oltre a problemi legati al favorimento dell’ampliamento a causa dell’interscambio, le disposizioni e decreti vigenti complicano ulteriormente la situazione. L’ottimo dal mio punto di vista per poter esercitare in tutta serenità e sicurezza questo diritto, sarebbe che il genitore non affidatario si metta in una sorta di quarantena preventiva volontaria: cioè possa garantire, per un lasso temporale sufficiente, di essere scrupolosamente sempre rimasto da solo in casa, di non aver avuto rapporti e contatti con l’esterno (nel caso di lavoratore deve dimostrare di aver prestato attenzione a tutte le norme di sicurezza), in modo da poter trascorrere in tutta sicurezza i propri momenti sanciti dagli accordi. Negli altri casi, come sostenuto dall”Associazione Ticinese delle Famiglie Monoparentali (www.famigliemonoparentali.ch, 0918590545), la quale è in questo momento molto sensibile e attiva su questo argomento: la modalità da prediligere per l’esercizio del diritto di visita, è quella tramite videochiamate, messaggi vocali o video, email, scritti ecc, ma che preclude il contatto fisico. In questo modo viene preservata la salute pubblica, evitando che i figli diventino il vettore di diffusione del virus. Seguendo questa linea, di fatto, il passaggio dei figli al domicilio dell’altro genitore decade e la visita fisica annullata. Il quesito nasce spontaneo, annullata definitivamente o rimandabile a tempi migliori?

Come già promosso dall’ATdFM negli scorsi giorni, è opportuno che il Consiglio di Stato si pronunci a breve e chiaramente su delle indicazioni da seguire per i genitori separati o divorziati in relazione al diritto di visita, valutando e contemplando i vari scenari familiari rappresentati sul territorio. Questa decisione è di vitale importanza per non compromettere le già labili situazioni familiari, per i figli già provati psicologicamente e per evitare un ulteriore dispendio finanziario, nella maggior parte dei casi già precario e  acutizzato dalla crisi economica, in gravose pratiche legali.