Davvero demolire edifici vale sempre la pena piuttosto che ristrutturarli? Esiste una progettualità virtuosa di valorizzazione e trasformazione intelligente di edifici che posseggono una storia e un valore e che rischiano di essere distrutti. Da qualche tempo anche in Ticino si incomincia per fortuna a valutare il riutilizzo di edifici dismessi e vuoti perché considerati non più confacenti alla richiesta del mercato. Si tratta di costruzioni di qualità che danno fisionomia a un quartiere: con interventi mirati e limitati si possono raggiungere ottimi livelli di riutilizzo e di buona abitabilità. Ci sono esempi recenti e indicativi. Uno è quello delle case popolari del rione della Madonnetta a Lugano, un raro esempio di edilizia popolare degli anni 50, che dopo una serie di interventi di restauro e riqualifica continueranno a ospitare gli inquilini che avevano combattuto per il loro mantenimento. Un altro esempio è la riqualifica di Casa Marta a Bellinzona, uno stabile settecentesco che diventerà una struttura di prima accoglienza per persone in difficoltà, mantenendo il suo impianto a corte centrale nel comparto adiacente alla Banca dello Stato. Un ulteriore esempio: il complesso degli stabili dell’ex Arsenale di Biasca, che dovrebbe essere ristrutturato e potrà in futuro accogliere dei depositi di opere d’arte. Questa è la strada giusta per conservare rigenerando, senza distruggere. Naturalmente i proprietari che si assumeranno l’impegno e il merito di questi restauri o ristrutturazioni dovranno essere supportati e ragionevolmente aiutati anche finanziariamente, da scelte politiche mirate. Avremo meno distruzione, meno materiali da smaltire, un guadagno estetico per gli occhi (anche la bellezza è un valore) e un guadagno per la storia, la cultura e l’identità del territorio.