La presente legislatura si sta chiudendo lasciando solo abbozzato il necessario ripensamento del nostro sistema scolastico. Originariamente pensato per un’utenza prevalentemente omogenea, ha conosciuto, negli anni, l’aggiunta progressiva di personale chiamato a rispondere al costante aumento dell’eterogeneità d’aula sulla base di un modello integrativo. La dimensione oggi raggiunta dal sistema e il rapporto fra i suoi costi e il grado di soddisfazione delle persone che quotidianamente vivono la scuola esige la ricerca di nuove soluzioni.
Non è più possibile continuare a pensare in termini di misure mirate specificamente a chi manifesta difficoltà di funzionamento, mantenendo sostanzialmente inalterato l’assetto organizzativo della scuola tradizionale.
Abbiamo bisogno di un sistema scolastico accessibile e inclusivo, una vera e propria scuola pensata per la totalità della propria utenza, che si organizzi attraverso spazi e prestazioni capaci di garantire la massima partecipazione al maggior numero di persone possibile. È un cambio di paradigma che richiede che i sostegni individuali vengano ridotti all’essenziale, integrandoli con investimenti mirati alla trasformazione dei contesti.
L’esperienza volontaria delle sezioni inclusive, portata avanti con successo nell’ultimo decennio, deve essere normalizzata e deve porsi come modello di funzionamento alternativo capace di offrire una risposta educativa e formativa flessibile, adatta a tutta l’utenza scolastica, sia essa con disabilità o ad alto potenziale cognitivo, con difficoltà di funzionamento o con uno svantaggio sociale, linguistico o culturale.
A questo scopo servono risorse adeguate e lo sviluppo di una cultura di istituto che faccia della codocenza e della differenziazione il cuore di una scuola realmente inclusiva.