La gauche di Mélenchon già litiga sul gruppo unico in Parlamento
Il giorno dopo il grande tonfo e l’addio alla maggioranza assoluta, Emmanuel Macron guarda all’unico serbatoio di voti possibile per controllare il Parlamento, la destra neogollista dei Républicains. Non sarà facile, mai nella Quinta repubblica l’Assemblée Nationale si era presentata così frammentata: "Con una spallata i francesi hanno sfondato la porta di questo scrutinio", ha esultato Marine Le Pen, vera vincitrice. Mentre la coalizione di gauche Nupes, arrivata dietro quella macronista, è già riuscita a litigare sulla proposta del leader Jean-Luc Mélenchon di costituire uno solo gruppo parlamentare in Assemblée Nationale: i compagni di avventura - socialista, comunista ed ecologista - hanno respinto la proposta al mittente. Anche perché quando Nupes è stata creata tutti si erano detti d’accordo a costituire il proprio gruppo una volta in Parlamento
I fari sono puntati sulla maggioranza, ancora suonata dalla sconfitta, con Macron che per una volta ha spinto sul davanti della scena la sua premier, Elisabeth Borne, senza prendere la parola. "La mia ossessione è che il Paese resti bloccato", ha detto stamattina la portavoce del governo, Olivia Grégoire. Con 245 deputati invece dei 289 che inseguiva, il campo presidenziale ha spedito tutti i cacciatori di voti alla ricerca dei fatidici 44 che mancano per il numero magico. Si cerca fra i gruppi misti, gli altri di destra e di sinistra, l’Udi alleata del centrodestra.
Ma, ovviamente, è verso i Républicains che guardano tutti: per quanto crollato al 4/o posto dopo essere stato per mezzo secolo il punto di riferimento conservatore del Paese, il partito erede del gollismo ha ancora un tesoretto di 68 seggi. "Non siamo qui per bloccare tutto, ma non siamo in vendita", ha riassunto uno dei dirigenti più influenti del partito, Xavier Bertrand. Il partito che ancora 10 anni fa esprimeva il presidente della Repubblica (Nicolas Sarkozy) è conscio della situazione e di essere l’ago della bilancia. E questo fin dal primo appuntamento in cui i melenchonisti già minacciano di far saltare tutto: il 5 luglio, quando la premier Borne si presenterà nell’emiciclo per chiedere la fiducia al suo governo.
I Républicains si sono immediatamente riuniti in un consiglio strategico. Il partito appare spaccato, incerta è la sorte di Christian Jacob, che continua a ripetere da ieri sera "noi siamo all’opposizione, all’opposizione del governo e di Emmanuel Macron, e resteremo ovviamente su questa linea". Ma lo ripete ossessivamente sapendo che buona parte del partito è pronta a negoziare con i macronisti. Se l’ex sarkozysta Jean-François Copé insiste apertamente per un "patto di governo", altri leader non chiudono la porta: "Nessuna combine per rimediare qualche posto ma nessun blocco", ha detto ad esempio Laurent Wauquiez.
In Francia, accordi di governo fra la coalizione al potere e altri partiti sono uno scenario finora inedito. Ma in mancanza di un’intesa stabile, bisognerà di volta in volta trovare i 44 voti mancanti per la maggioranza assoluta. Una situazione che, secondo parecchi osservatori, ha il merito di aver riportato il Parlamento al centro del gioco politico di un sistema ormai troppo sbilanciato verso il presidenzialismo. A sinistra, la mossa di Mélenchon mirava a strappare all’estrema destra lepenista le ambitissime presidenze di Commissioni dell’Assemblea Nazionale, in particolare quella delle Finanze che viene assegnata per prassi al primo gruppo di opposizione. Che, in mancanza di unità della Nupes, diventa il Rassemblement National, che è ben davanti a La France Insoumise.