Draghi tira dritto: ‘La stretta serve contro Omicron’. Ma in molti sono scontenti di queste decisioni unilaterali
Gli Stati membri devono “coordinarsi" nelle restrizioni sui viaggi, evitando misure "sproporzionate" o “dannose” per il mercato unico. Lo sforzo di Bruxelles per evitare il caos delle misure contro Omicron è scritto nero su bianco nelle conclusioni di un Consiglio Ue dove, ancora una volta, è la pandemia che dilaga in Europa a dominare. Al tavolo sono seduti i leader di Paesi membri, come l’Italia, che una fuga in avanti sulle restrizioni l’hanno già fatta. Ma di fronte a chi chiede “coerenza” negli interventi all’interno dell’Unione, Mario Draghi tira dritto: "Quelle misure servono per mantenere il vantaggio dell’Italia su Omicron, va bene il coordinamento Ue, ma sia guidato dalla cautela”, è la linea del premier italiano, che davanti ai colleghi non cambia di una virgola la posizione illustrata ieri alle Camere.
Nessuno, in realtà, punta il dito contro Italia, Portogallo o Grecia, tutti Paesi che hanno introdotto il tampone anche per i vaccinati. I grandi si tengono abbastanza lontani dall‘argomento, i ’piccoli’, in buona parte, già prima di sedersi alla riunione protestano. “L’obbligo del tampone è un’idea sbagliata", ammonisce il lussemburghese Xavier Bettel. Dello stesso avviso il belga Alexander De Croo o l’estone Karja Kallas, preoccupati dagli effetti del muro del tampone sul gioiello di famiglia Ue, il Green Pass. "Ma in fondo siamo sulla stessa linea, quella di proteggerci e vaccinare, si è fatto molto rumore per nulla”, prova a gettare acqua sul fuoco il sottosegretario agli Affari Ue Enzo Amendola. Il problema è che tra lo scontro tra i leader e il consenso unanime ci passa un mare fatto di sfumature, inviti e qualche frizione, come quella registrata in Commissione per il ritardo sulla notifica dell’ordinanza del ministro Speranza da parte dell’Italia.
Mario Draghi (Keystone)
“Ogni Paese è sovrano e ha il diritto di inserire ulteriori misure di protezione", scandisce un alto funzionario Ue. Ma l’invito resta quello di “allinearsi” il più possibile nelle iniziative, di “coordinarsi” e di "informare adeguatamente i partner”, dentro e fuori l’Europa. Ed è un invito che avrà una diretta conseguenza sul Green Pass: la Commissione, sollecitata dai leader, emanerà infatti un nuovo atto delegato per uniformare la durata del certificato. E chissà che, si sottolinea a Bruxelles, nel testo non venga inserita anche una raccomandazione ad ulteriori misure come il test per gli arrivi extra-Ue. Sul Green Pass, l’indicazione dovrebbe essere quella dei 9 mesi inclusa la terza dose, benché i Paesi membri in ritardo con i vaccini puntino (con scarso successo) ai 12 mesi. È una riunione fiume quella dell’Europa Building, di una sola giornata ma con un menù ricco di dossier, quasi tutti divisivi. Come quello energetico, dove la Spagna, affiancata dall’Italia e altri (con la Francia a fare da sponda), torna alla carica per un corposo intervento sul mercato, svincolando i prezzi dell’elettricità da quelli del gas.
“Lo stock comune non basta, si intervenga rapidamente”, avverte Pedro Sanchez. Nel mirino finisce anche il mercato delle emissioni (Ets), del quale la Polonia - ma anche la Spagna - chiede un maggior controllo anti-speculativo. L’ombra della tassonomia e dell’inserimento del nucleare tra le fonti green aumenta le distanze. Le conclusioni si fanno attendere, con il rischio di un compromesso al ribasso. Quello che chiude il 2021 è anche il Consiglio di Emmanuel Macron e Olaf Scholz. Il primo si appresta a guidare la presidenza di turno Ue proprio mentre si giocherà il tutto per tutto alle elezioni in Francia. L’erede della Merkel è al suo esordio a Bruxelles. Entrambi, raccontano fonti europee, si lanciano in interventi lunghi e densi. Draghi, incoronato dall’Economist e dopo aver sigillato l’asse con Parigi con il Trattato del Quirinale, si appresta a incontrare faccia a faccia Scholz lunedì a Roma. Tutti e tre, almeno sulla carta, mirano ad una revisione del Patto di stabilità con una maggiore flessibilità sugli investimenti. Un’idea di documento in comune italo-francese è filtrata nelle scorse ore. La forma (una lettera al Financial Times?) e i modi sono tutti da decifrare. La Spagna, ad esempio, ha già storto il naso: se Parigi, Roma e Berlino spingono per la flessibilità, perché escludere Madrid?