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A Como i medici scappano anche a causa degli affitti

Il boom delle case per turisti ha aumentato la penuria di spazi per gli studi ambulatori. Per Gianluigi Spata ‘la soluzione è la medicina di gruppo’

Sempre meno studi medici nel comasco
(Ti-Press / archivio)
24 dicembre 2024
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A scappare da Como a causa degli affitti elevati ci sono anche i nuovi medici. Non solo gli ospedalieri, ma anche i medici di famiglia, meglio conosciuti come ‘i dottori della mutua’. Camici bianchi che, oltre a preoccuparsi della propria abitazione, devono affrontare anche la ricerca di spazi adatti per ricevere i pazienti. Con il boom degli affitti brevi, Como è diventata una città riservata solo ai più benestanti, che per un monolocale sono disposti a pagare mille euro per un weekend, o duemila per un bilocale.

Il problema della scarsità di abitazioni a prezzi accessibili, che riguarda tanti professionisti del pubblico e del privato, dagli infermieri agli insegnanti, è ormai ben noto. Tuttavia, ora si scopre che questo fenomeno riguarda anche i medici di famiglia, che soprattutto faticano a trovare locali adatti per i loro ambulatori. Aprire uno studio medico in città, a Como, comporta costi proibitivi: la richiesta minima è di 2mila euro al mese, a fronte di uno stipendio medio lordo di 6-7mila euro. Stipendio che aumenta in proporzione al numero di pazienti assistiti: dovrebbero essere 1’500, ma in realtà sono circa 2’000.

Questo perché in provincia di Como (secondo i dati dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale Lariana) mancano 110 medici di famiglia, mentre la disponibilità dovrebbe essere di 300. Una situazione disastrosa, parzialmente dovuta anche alla fuga di camici bianchi verso il Ticino, che colloca la provincia lariana al 102esimo posto su 107 province italiane nella classifica dedicata al numero di medici di famiglia ogni mille abitanti. Commenta Gianluigi Spata, presidente dell'Ordine dei medici di Como: “La carenza di vocazioni, gli incarichi burocratici e gli affitti degli ambulatori delineano una situazione sempre più critica: la soluzione è la medicina di gruppo. Condividere gli ambulatori garantisce un lavoro di squadra, una migliore presa in carico dei pazienti, facilita le sostituzioni e comporta meno spese. Ma anche per questa ottimale soluzione non si trovano i locali”.