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Verbano Cusio Ossola, australiani investono 1 milione sul Rosa

Società specializzata in ricerche geologiche intende effettuare dei carotaggi per capire se la miniera d'oro di Macugnaga si può ancora sfruttare

La cima del Monte Rosa
5 novembre 2024
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La filiale italiana della Cresta Resources di Perth, Western Australia, società specializzata in ricerche geologiche, è pronta a investire un milione di euro per effettuare dei carotaggi alle pendici del Monte Rosa per capire se la miniera d'oro in frazione Pestarena di Macugnaga, nel Verbano Cusio Ossola, si può ancora sfruttare. Lo scrive il quotidiano "La Stampa" in un reportage a proposito del bacino aurifero gestito nell'Ottocento dagli inglesi e chiuso dopo un'esplosione che nel 1961 uccise quattro minatori.

Tecnicamente, riporta il quotidiano, "si tratta del rinnovo di un precedente permesso di ricerca, che però si limitava a valutazioni e sondaggi superficiali. La Regione ha dato un primo parere favorevole e, se il Ministero dell'ambiente darà un giudizio positivo alla Valutazione di impatto ambientale, le operazioni potrebbero iniziare la prossima estate, o al più tardi nel 2026".

Si tratterebbe, viene chiarito, di scavare tre tunnel profondi fino a 600 metri, con un'inclinazione del 20%, a metà strada fra la miniera di Pestarena (oggi in concessione ma non sfruttata) e quella di Lavanchetto. "Stiamo lavorando per dare tutte le garanzie che i sondaggi non provocheranno problemi ambientali", spiega al quotidiano il geologo torinese Franco Monticelli, che sta seguendo le pratiche per gli australiani.

"I timori più grossi – si legge – riguardano le falde acquifere, che potrebbero essere contaminate da fuoriuscite di arsenico. I tre proprietari dei terreni interessati stanno discutendo con Cresta i dettagli del loro coinvolgimento, ma nel frattempo hanno mandato una lettera di protesta a Roma".

"Una nuova concessione significherebbe nuove compensazioni e nuovi investimenti", commenta il sindaco Alessandro Bonacci. "A Pestarena – raccontano i gemelli Vincenzo e Guglielmo Nanni, figli, nipoti e bisnipoti di minatori, dell'associazione ‘Figli della miniera’ – siamo rimasti in venti, la ripopolazione sarebbe un sogno. Era un paese bellissimo, anche se da piccoli non abbiamo mai visto un anziano, perché gli uomini morivano tutti prima dei sessant'anni per colpa della silicosi".