Continua la fuga di professionisti verso il Ticino a causa della scarsa attrattività delle professioni sanitarie
Non solo medici e infermieri in fuga verso il Canton Ticino, ma anche il personale delle residenze per anziani e disabili sempre più svuotate, per via della scarsa attrattività delle professioni sanitarie, come infermieri e operatori sociosanitari, e “a causa di salari troppo bassi, turni massacranti per sopperire alla carenza di personale, perdita di riconoscimento del ruolo sociale di queste figure e mancanza di prospettive”. È quanto affermato dal segretario generale della Funzione pubblica Cgil di Como Giuseppe Callisto nel corso dell’Attivo provinciale dei delegati del terzo settore e della sanità privata che si è recentemente tenuto nell’auditorium comunale di Tavernerio.
Per chiedere il rinnovo dei Contratti collettivi, alcuni dei quali fermi a dodici anni fa, i lavoratori del settore – dunque infermieri, fisioterapisti, educatori, animatori, operatori sociosanitari – stanno scendendo in piazza in questi giorni, con manifestazioni a Como. “Stiamo assistendo a una crisi del settore – continua il sindacalista –. C’è sempre più difficoltà a reperire queste figure e sempre meno persone scelgono di intraprendere questi percorsi formativi. La rinuncia al riposo per rientrare in servizio è diventata la nuova routine, così come la riduzione delle ferie. A questo si aggiunge un aumento del carico di responsabilità e assistenziale, con pazienti sempre più complessi dal punto di vista clinico. Inoltre, chi sceglie di andare a lavorare in Canton Ticino lo fa perché non regge più la frustrazione per il mancato riconoscimento del ruolo professionale e la mancanza di prospettive”.
È impietoso il raffronto con la vicina Svizzera, come per tutte le altre professioni legate al settore sanità, in primis dal punto di vista economico. “Se un infermiere che lavora nelle Rsa comasche guadagna 1’600 euro lordi per 38 ore settimanali – dice Callisto –, oltreconfine si arriva a 3’600 franchi lordi. Qui il salario non regge il caro vita”. Quanto basta per comprendere il motivo della fuga del personale delle Rsa comasche (non meno di quattrocento coloro che hanno varcato il confine) in Canton Ticino. Una carenza dietro la quale si coglie una tendenza sempre più allarmante, in quanto riduce i posti letto a fronte di una domanda in continua crescita. Basti dire che nel comasco sono oltre 5mila gli anziani in attesa. Un numero in continua crescita.
Le organizzazioni sindacali chiedono dunque “un aumento salariale non inferiore al 12% per recuperare l’adeguamento al costo della vita, un miglioramento delle tutele dei lavoratori e il rinnovo del contratto di lavoro”. A Tavernerio era presente anche il direttore generale dell’Asst, l’Azienda socio sanitaria territoriale, lariana, Luca Stucchi. “L’evidenza ci dice che dopo tanti anni di mancato rinnovo contrattuale, al di là del legittimo utilizzo dello strumento dello sciopero come previsto dalla nostra Costituzione, forse occorre proporre un cambio più generale del sistema – ha affermato Stucchi –. Inoltre, a fronte della carenza di personale, urge rivalutare le professioni sanitarie per attrarre i giovani”. Un’attrazione che non sembra esserci, come confermano alcuni dati forniti dall’Asst lariana: all’ospedale dal 2023 a oggi sono stati indetti 95 concorsi per l’assunzione di 629 fra medici e infermieri, 390 i professionisti assunti. Un saldo negativo che continua a crescere, anche perché prosegue la fuga in Canton Ticino di camici bianchi e infermieri. E contrariamente a quanto accadeva negli anni precedenti la pandemia, complice il caro casa che a Como è sempre più acuto, in riva al Lario non arrivano più medici e infermieri per acquisire esperienza, in attesa di varcare il confine: l’Asst lariana fa sapere di essere alla ricerca di risorse “per chi viene qui a lavorare”. Risorse per ricavare alloggi nell’ex Sant’Anna o nell’area del San Martino (ex manicomio).