Si va verso la richiesta di processo per i vertici della società di gestione della funivia e dell'azienda responsabile della manutenzione
A due anni dalla tragedia della funivia del Mottarone, in cui morirono 14 persone – solo il piccolo Eitan, all’epoca cinque anni, è sopravvissuto quel 23 maggio 2021 –, la Procura di Verbania ha chiuso l'inchiesta in vista della richiesta di processo per otto indagati.
Destinatari dell'avviso di conclusione indagini, oltre alle due società, sono Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio, direttore d'esercizio, Gabriele Tadini, capo servizio, e, per Leitner, incaricata della manutenzione, Anton Seeber, presidente del consiglio d'amministrazione, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service. Si va verso l'archiviazione per sei tecnici esterni la cui posizione è stata stralciata.
Le indagini, condotte dai carabinieri, sono state coordinate dal procuratore di Verbania. I reati contestati a vario titolo sono attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni colpose gravissime e solo per Tadini e Perocchio anche il falso.
Dai primi accertamenti, in base ai racconti delle persone informate sui fatti e al materiale sequestrato, subito sono emersi i due temi centrali: il cavo tranciato e il mancato funzionamento del sistema frenante di sicurezza dovuto all'inserimento dei cosiddetti forchettoni per evitare che la cabina, poi precipitata con a bordo i passeggeri, si bloccasse durante la corsa.
Per questo Nerini, Perocchio e Tadini sono stati fermati dai pubblici ministeri nella notte tra il 25 e il 26 maggio ma il giudice per le indagini preliminari (gip), ritenendo non ci fossero i presupposti (il pericolo di fuga), non ha convalidato il fermo: la sera del 29 maggio ha rimesso in libertà i primi due e ordinato gli arresti domiciliari solo per Tadini riconoscendo nei suoi confronti i gravi indizi in base alle prime testimonianze. Una decisione che, per una questione formale, ha aperto uno scontro tra toghe, mentre il procedimento è stato riassegnato a un altro giudice.
Qualche mese dopo il nuovo gip ha accolto la richiesta di incidente probatorio e nominato due collegi di periti per far luce sulle cause dell'incidente. Nel contempo la Procura ha iscritto nel registro degli indagati altre 11 persone: Leitner con i suoi vertici, la società Ferrovie del Mottarone in qualità di ente e un gruppo di sei tecnici, quelli ora stralciati in vista della richiesta di archiviazione, dipendenti di aziende super specializzate che, in subappalto, si sono occupate dei controlli e pure colui che ha realizzato la testa fusa della funivia.
Le perizie, depositate nel settembre scorso e che hanno poi indotto gli inquirenti a sfoltire l'elenco degli indagati, hanno ricostruito le carenze nei controlli e nella gestione dell'impianto: hanno rilevato che la fune era corrosa ben prima dell'incidente e una corretta manutenzione avrebbe potuto rilevarlo. E poi l'uso costante dei forchettoni che non ha lasciato scampo.
Non furono effettuati i “controlli a vista mensili sul tratto di fune traente in prossimità del punto di innesto al carrello (testa fusa), previsti dal manuale d’uso e manutenzione” e dal “regolamento di esercizio“, quindi non vennero rilevati i "segnali di degrado della fune (....)”, che invece “si deteriorava progressivamente, sino a rompersi”, proprio in corrispondenza dello stesso punto d’innesto in cui "presentava il 68% circa dei fili” lesionati. Si legge nell’avviso di conclusione indagini, dove i pm scrivono anche che i vertici di Leitner non avrebbero vigilato “adeguatamente affinché il servizio di direzione di esercizio, affidato” con un contratto “strutturalmente inadeguato” a Enrico Perocchio, “fosse prestato in conformità” alle norme, con riferimento alla programmazione e predisposizione “controlli a vista mensili” sulla fune dell’impianto, che poi si è spezzata in quanto mancarono.
Infine, si conferma che se non fossero stati apposti i forchettoni, la cabina numero 3 della funivia del Mottarone, si sarebbe arrestata “appesa alla fune portante” e non sarebbe precipitata causando la morte di quattordici persone.