Il giudice lariano ha preso carta e penna redigendo un duro comunicato sulla ‘bozza’ di proposta di revisione del processo a Olindo e Rosa Romano
Non stupisce che i difensori di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all'ergastolo per la strage di Erba (quattro vittime tra cui un bambino di due anni, e un ferito che sopravvisse quasi miracolosamente) "intendano legittimamente riproporre nuove iniziative giudiziarie" come l'istanza di revisione della sentenza che sembra sarà depositata a breve a Brescia.
Ciò su cui la Procura di Como non transige, "dopo 16 anni di silenzio", è che un sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, nella sua autonoma proposta di revisione della sentenza usi espressioni come "condanna pronunciata in conseguenza di falsità in atti", "manipolazioni da parte dei carabinieri e l'uso di fonti di prova "come ‘grimaldelli’ per convincere i fermati a confessare".
Il procuratore facente funzione comasco Massimo Astori ha quindi preso carta e penna redigendo un duro comunicato sulla "bozza" di proposta di revisione, ora al vaglio del procuratore generale di Milano Francesca Nanni e dell'avvocato generale dello Stato, Lucilla Tontodonati, per una sua eventuale trasmissione a Brescia, arroventando una vicenda processuale su uno dei più impressionanti fatti di sangue del Dopoguerra in Italia. Era l'11 dicembre 2006 quando in casa furono uccisi Raffaella Castagna e il figlio Youssef di due anni, la madre di Raffaella, Paola Galli, e una loro vicina, Valeria Cherubini. Unico sopravvissuto, ma ferito, il marito di Valeria, Mario Frigerio, morto lo scorso gennaio.
Le "espressioni" di Tarfusser scrive Astori, "contengono accuse di condotte abusive e illegittime se non di veri e propri reati a carico di magistrati della procura di Como, a distanza di 16 anni dai fatti, senza giustificazione alcuna". Il magistrato ripercorre l'iter processuale della strage e ricorda che "la responsabilità penale di Rosa Bazzi e di Olindo Romano è stata affermata nei tre gradi di giudizio", con "valutazioni ampiamente positive delle prove raccolte dalla pubblica accusa". La lettura delle sentenze "non lascia spazio a perplessità", ed è per questo che saranno pubblicate sul sito della Procura.
Le confessioni di Olindo e Rosa "sono state dettagliate sino alla descrizione di ogni minimo e più atroce particolare" e "sono state seguite da ulteriori dichiarazioni confessorie a più interlocutori e persino da appunti manoscritti contenenti chiare ammissioni vergati da Olindo Romano in undici diverse occasioni", comprese le annotazioni che l'ex netturbino fece sulla copia della Bibbia in carcere. La ritrattazione di Romano e Rosa quindi "è stata il frutto di un cambio di strategia processuale".
Tarfusser, che nel suo documento (diffuso prima del vaglio del pg, sottolinea Astori) spiega di aver avuto colloqui con gli avvocati della coppia; di aver letto gli atti e "ogni possibile fonte aperta", contesta le "tre, solo tre prove" alla base della condanna: le "false confessioni acquiescenti" quelle di Olindo e Rosa; la "strana" e "inammissibile o irrilevante" macchia di sangue di una delle vittime, trovata sul battitacco dell'auto dei coniugi; "l'estremamente dubbio" riconoscimento che Frigerio fece di Olindo durante le indagini e ribadì in aula, in uno dei maggiori momenti di tensione del dibattimento: "Era il mio vicino di casa, quella faccia era la sua, disgraziato".
Tarfusser fa suo il lavoro di numerosi consulenti della difesa (tra cui Marzio Capra ex ufficiale del Reparto investigazioni scientifiche (Ris) dei carabinieri italiani e che fu accanto ai legali di Massimo Bossetti nel caso di Yara Gamirasio), sia sul concetto di "falsa memoria", sia sulle prove scientifiche. E chiede la riapertura del caso "per l'insopportabilità che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiano scontando l'ergastolo".
La Procura di Como assicura che "tutelerà nelle sedi e con le forme opportune, l'immagine dell'Ufficio, a difesa dei singoli magistrati e della loro correttezza professionale".