Le perizie depositate ieri al tribunale di Verbania dimostrano che la tragedia sarebbe stata evitata con i dovuti controlli regolari
La fune era corrosa ben prima dell’incidente e una corretta manutenzione avrebbe potuto rilevarlo. È la conclusione delle perizie sull’incidente del Mottarone depositate in tribunale, a Verbania. Oltre un migliaio di pagine in cui tecnici e ingegneri mettono nero su bianco l’esito di sopralluoghi, test ed esami di laboratorio: la tragedia della funivia precipitata il 23 maggio 2021, uccidendo quattordici persone, poteva essere evitata.
"Non sono sorpresa. Nulla di nuovo: fin dal primo momento in cui abbiamo saputo che i freni erano manomessi, credo fosse lampante che la tragedia potesse essere evitata - commenta all’agenzia ANSA la sindaca di Stresa, Marcella Severino -. Speriamo solo che chi ha sbagliato, e a questo punto con dolo, risponda di quello che ha fatto". Per completare il loro lavoro i periti del tribunale hanno avuto sedici mesi e quattro proroghe. "Di sicuro non è stato semplice. Quando ho saputo che la perizia è di oltre mille pagine - continua la prima cittadina, tra le prime persone ad accorrere sul luogo dell’incidente in quella drammatica domenica - ho pensato che abbiano avuto ragione nel chiedere le proroghe. Speriamo a questo punto si possa fare chiarezza in fretta per chiudere questa vicenda".
Una richiesta di giustizia, per chi è morto e per chi da allora vive con il lutto nel cuore, a cui gli esperti hanno cercato di dare una risposta con un lavoro minuzioso che dovrà essere discusso nell’incidente probatorio del prossimo 20, 21 e 24 ottobre, primo atto del percorso processuale che vede indagate quattordici persone e alcune società nei confronti delle quali la sindaca Severino ammette di provare "rabbia".
I forchettoni, innanzitutto, le ganasce per disattivare il freno d’emergenza inserite quasi abitualmente nelle settimane precedenti la disgrazia per evitare blocchi della cabinovia dovuti alle anomalie che si registravano. Per i periti dall’8 al 23 maggio 2021, giorno dell’incidente, la cabina numero 3, quella precipitata, "ha effettuato tutte le 329 corse registrate dall’impianto di videosorveglianza con i forchettoni", inseriti per "223 volte anche nella cabina numero 4".
Pochi dubbi, secondo gli esperti, anche per quanto riguarda la fune traente: nel punto di rottura, in corrispondenza dell’innesto della testa fusa "il 68% circa dei fili - si legge nel documento - presenta superfici di frattura che testimoniano una rottura" dovuta a "fatica/corrosione ragionevolmente antecedente la precipitazione". Quella rottura il cui rumore si sente nei video delle telecamere di sorveglianza, quando si vede l’operatore che guarda in alto verso la fune.
Ci sono poi i controlli, quelli che avrebbero "consentito di rilevare i segnali del degrado - si legge nella perizia - ovvero la presenza anche di un solo filo rotto o segni di corrosione e, quindi, di sostituire la testa fusa così come previsto dalle norme". "Dall’analisi della documentazione disponibile, non si ha evidenza" della loro conduzione, "con cadenza non superiore ai 30 giorni prescritti dalla norma, in corrispondenza dell’innesto della fune traente con le teste fuse nel periodo febbraio 2020 - aprile 2021". E nella scatola nera sono conservati soltanto i dati degli ultimi otto mesi, anziché un anno come previsto dalle norme.
Una chiara violazione non solo di quanto prescritto, ma anche di quei "generali principi di prudenza" e "diligenza - concludono i periti - da adottarsi nell’esercizio di un impianto funiviario".