L’accusa è crollo colposo. La vicenda si lega allo scoscendimento del 2017 in periferia di Cannobio, in cui morì un 68enne del Mendrisiotto
In questi giorni è iniziato davanti ai giudici del Tribunale di Verbania il processo nei confronti di due ingegneri dell’Anas per il reato di crollo colposo in relazione alla frana di alcuni massi che nel novembre 2018 a Cannobio era avvenuta sulla statale 34 del Lago Maggiore.
Il processo rappresenta l’ultimo atto di una complessa vicenda giudiziaria scaturita da un’altra frana, quella che la mattina del 18 marzo 2017, in località Poncetta (periferia di Cannobio), causò la morte di un 68enne farmacista del Mendrisiotto, il quale in sella alla sua motocicletta stava percorrendo la litoranea occidentale del Verbano. La frana, allora, ferì anche una giovane coppia di fidanzati del Vco che viaggiava a bordo della loro autovettura.
Fra gli imputati per la frana del novembre 2018, oltre agli ingegneri dell’Anas c’era anche l’ex sindaco di Cannobio, Giandomenico Albertella, per il quale in sede di udienza preliminare l’accusa aveva chiesto la condanna a 8 mesi. Il gup aveva assolto l’ex sindaco in quanto “il fatto non costituisce reato”. Stessa formula assolutoria anche per il successivo processo per la tragedia del 2017. Tragedia per la quale il pm Sveva De Liguoro, sostituto della Procura di Verbiana, aveva messo sotto indagine, oltre che per crollo colposo, anche per i reati, ben più gravi, di omicidio e lesioni colpose, sei persone, fra cui Albertella, per cui il quale nel corso dell’udienza preliminare aveva chiesto la condanna a 1 anno e 2 mesi. Anche qui l’assoluzione era giunta perché “il fatto non costuisce reato”. Nella stessa occasione il gup Rosa Maria Fornelli aveva disposto il non luogo a procedere, anche per gli altri imputati. Oltre agli ingegneri dell’Anas anche due fratelli svizzeri proprietari del versante da cui si era staccata la frana omicida.
Le motivazioni dell’assoluzione dell’ex sindaco di Cannobio dal reato di omicidio colposo e il non luogo a procedere nei confronti degli altri imputati non sono ancora noti, in quanto la sentenza non è stata depositata (lo sarà in questi giorni). Probabilmente il gup ha basato il suo giudizio su quanto affermato dai geologi secondo i quali quanto accaduto non è stato uno smottamento, ma un distaccamento di roccia, che nonostante il monitoraggio può improvvisamente andare in mille mezzi. Insomma, un fatto non prevedibile, anche perché la pulizia del versante, secondo gli esperti, non poteva incidere sulla prevenzione dell’evento.