Pensionato alle Correzionali di Lugano riconosciuto colpevole di reati contro l’onore. Le e-mail, ritenute minacciose, in copia a Gobbi e alla polizia
Era stato fermato dalla polizia con il sospetto di abusi sessuali sulla nipotina – sospetto poi decaduto – e aveva ricevuto l’ordine di non più vedere la bambina. Carico d’ira, aveva inviato e-mail di minacce, ingiurie, atti diffamatori e discriminatori all’indirizzo dell’avvocatessa che rappresentava la nuora e la minore nella vicenda giudiziaria. Non solo. I contenuti di offesa e discredito erano stati inviati in copia alle autorità cantonali e giudiziarie: fra cui, il consigliere di Stato Norman Gobbi, capo del Dipartimento delle istituzioni, e il vicecomandante della Polizia cantonale. Protagonista, un 65enne luganese, comparso stamane davanti alla Corte delle assise correzionali di Lugano. La vicenda risale alla primavera scorsa.
«Ho agito per il beneficio della mia nipotina. Sono state reazioni di pancia, uno sfogo», si è giustificato l’imputato, che ha proseguito: «Non ero in una bella posizione. Essere accusato di pedofilia, non lo auguro a nessuno, sapendo che era falso. Era uno sfogo e volevo che sapessero tutti di aver ricevuto una denuncia infamante. Agendo così, speravo che qualcuno mi aiutasse. Ho rischiato di essere arrestato e finire su tutti i giornali. Il fermo è stato un momento sofferto: sono arrivati al mio domicilio alle 14.30 del pomeriggio due poliziotti e sette-otto della polizia giudiziaria. Hanno esibito un ordine di perquisizione e così hanno perlustrato tutta la casa, sequestrato tutte le lenzuola, telefonini e computer. Sono stato interrogatorio per 6 ore e mezzo, e lo stesso trattamento è stato riservato a mia moglie e a mio figlio. Riconosco l’imputazione. Ma mi sono sentito aggredito, in maniera falsa e cattiva». L’imputato ha detto alla Corte di non aver ritenuto come minacce i suoi scritti e ‘se mi trovassi ancora in una situazione simile lo rifarei’.
Il giudice Marco Villa ha condannato il 65enne: «Nonostante la sua situazione, il suo comportamento è ingiustificato». Il 65enne è stato prosciolto dal reato di coazione come pure dall’accusa di discriminazione e incitamento all’odio, perché – ha spiegato il presidente della Corte – non ha reso pubblico il suo scritto. La giurisprudenza prevede che il pubblico sia di 40-50 persone e qui non è stato il caso. Riconosciuto invece il reato di minaccia, che si è compiuto con quattro epiteti, così pure il reato di diffamazione, nonché d’ingiuria. La condanna complessiva, che contempla inoltre un risarcimento di 500 franchi per torto morale a favore della legale, è di una pena pecuniaria di 90 aliquote di 40 franchi l’una sospese per un periodo di prova di due anni per i reati contro l’onore. L’imputato è stato inoltre condannato per reati societari e patrimoniali – il 65enne aveva prelevato gettoni per 30mila franchi dalla società, fallita e inattiva, del bar di sua proprietà in centro città; e per guida in stato d’inattitudine e infrazione alle norme della circolazione. Totale della ulteriore pena: 8 mesi di detenzione sospesi per due anni.
La procuratrice pubblica, Francesca Piffaretti-Lanz, in mattinata ha chiesto la conferma integrale dei tre atti d’accusa. Stessa conclusione quella alla quale è giunta l’avvocatessa in rappresentanza dell’accusatrice privata. L’avvocato di difesa, Tuto Rossi, ha dal canto suo contestato i reati di coazione e minaccia. «L’imputato non è certo una persona offensiva», ha evidenziato. Il legale non si è per contro opposto ai reati di ingiuria e diffamazione, battendosi infine per una riduzione della pena.