Mancano posti letto oltre a medici e infermieri. È però improbabile una precettazione del personale sanitario lombardo attivo in Ticino
«Stiamo facendo uno sforzo titanico: i nostri ospedali, soprattutto in alcune province come quelle di Como e di Varese, stanno arrivando a saturazione». Afferma Giulio Gallera, assessore al Welfare di Regione Lombardia che conferma come il sistema sanitario lombardo è al limite. Stanno infatti mancando strutture, infrastrutture e anche personale medico e infermieristico, anche perché le assenze sono in crescita. Per rendersene conto è sufficiente guardare ai dati che giungono dai due ospedali comaschi, il Sant’Anna e il Valduce. Al Sant’Anna sono 144 i contagiati, fra medici e infermieri, ai quali si debbono aggiungere altri 52 obbligati a stare in quarantena per essere stati in contatto con persone infettate. Al Valduce, invece, fra medici e infermieri, sono un centinaio i contagiati.
Analoga la situazione negli ospedali di Varese. In questa situazione di emergenza c’è da chiedersi se l’Italia possa o intenda precettare medici e infermieri che giornalmente varcano il confine per lavorare nel settore sanitario ticinese. Medici e infermieri frontalieri provenienti per lo più dalle province pedemontane lombarde aggrappate al Canton Ticino. Un tema di cui si è parlato a lungo nel marzo scorso in occasione della prima ondata di Covid-19 e che è tornato di stretta attualità anche alla luce della situazione in Italia, ma soprattutto in Lombardia e nelle province di Varese e Como, che propone dati sempre più allarmanti.
Il tema è stato sollevato anche da una interpellanza al Consiglio di Stato dai deputati democentristi Tiziano Galeazzi e Roberta Soldati, Edo Pellegrini (Udf) e Lelia Guscio e Stefano Tonini (Lega dei ticinesi). “Qualora la situazione dovesse aggravarsi ulteriormente in Italia e quest’ultima dovesse precettare parte del personale socio-sanitario italiano che lavora in Ticino, come si riorganizzerebbe il sistema sanitario cantonale? C’è un piano o delle misure d’urgenza per far fronte a tale situazione? Se sì quali? Se no, perché non si è pianificato questa possibilità?”: gli interrogativi posti dagli interpellanti. Per comprendere la portata del problema, alcune cifre: sono oltre 4’100 i frontalieri occupati in Ticino nel settore della sanità. E stando alle ultime statistiche ufficiali all’Ente ospedaliero cantonale lavorano 668 fra medici e infermieri, pari al 12% dell’insieme dei dipendenti dell’Eoc. Cifre che stanno a dimostrare che senza frontalieri le strutture sanitarie ticinesi rischierebbero di fermarsi.
Pur in presenza della drammatica situazione in cui si trovano numerosi ospedali lombardi, incominciando da quelli di Como e Varese, la precettazione di medici e infermieri frontalieri, sembra più virtuale che reale, in quanto non potrebbe essere decisa con un Dcpm o con un decreto ministeriale, men che meno da un decreto regionale, in quanto si scontrerebbe con l’articolo 23 della Costituzione italiana che recita ‘Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge’. Tocca quindi al Parlamento legiferare.
Nel frattempo i letti negli ospedali dei due capoluoghi di provincia sono praticamente tutti occupati. Molti pazienti vengono trasferiti a Bergamo, Brescia, Lecco e Sondrio. I contagi ieri in Lombardia, pur in presenza di un numero maggiore di tamponi, sono calati: 8’180 (10’955 il giorno precedente). In calo anche a Varese 943 (3’081) e a Como 958 (1’356). Sono però aumentati i decessi: 152 (129).