Per anni l’economia globale ha beneficiato dell’ascesa e della fulminea crescita della Cina, con i gruppi occidentali che hanno potuto approfittare del crescente potere d’acquisto di un’enorme popolazione. Da qualche tempo però, il motore della crescita fatica. Le cause? Investimenti errati, elevato indebitamento delle province e di molte aziende statali e non da ultimo l’invecchiamento della popolazione. Nel frattempo, mentre il mondo intero lotta contro l’inflazione, la Cina è di fatto confrontata con la deflazione. A giugno i prezzi al consumo sono scesi dello 0,3% rispetto all’anno precedente, con i prezzi alla produzione addirittura in calo da inizio anno. Anche in questo caso i motivi sono molteplici, a partire dalla congiuntura mondiale in difficoltà che sta costringendo la Cina ad abbassare i prezzi per sostenere le esportazioni. E, per finire, l’atteso boom dei consumi dopo la fine della rigida strategia non si è verificato. Come detto in precedenza, il governo cinese è confrontato anche con problemi strutturali, come quello demografico, che sta spingendo i cinesi a diventare un popolo di risparmiatori, vanificando in tal modo lo sforzo del governo di rilanciare l’economia con enormi investimenti pubblici. Per gli investitori tutto questo cosa significa? Data l’elevata ponderazione di quasi il 30% del Regno di Mezzo nell’Emerging Markets Index era inevitabile la discesa dei Paesi emergenti. La Cina resta comunque rilevante per le sue dimensioni, per cui investimenti in titoli del settore del lusso come Lvmh, Hermès, Richemont, Swatch o in gruppi industriali presenti sul posto potrebbero approfittare di un’eventuale ripartenza del motore cinese e quindi giovare ai portafogli degli investitori.